History
La 8 ore di Suzuka tra passato e presente
Il prossimo 26 luglio si correrà l’attesa 8 Ore di Suzuka, evento prestigioso reso maggiormente tale dalla presenza di Casey Stoner. Sarà una questione di onore
La celebre 8 ore di Suzuka è la gara Endurance più famosa al mondo. E’ certo che la sfilza di ideogrammi giapponesi che significano il nome della competizione potrebbero essere sostituiti con due singoli caratteri, che sono questi 名誉 (Meiyo). Meiyo significa onore. Ecco cos’è per le quattro sorelle giapponesi la 8 Ore di Suzuka. Una questione di onore. Per la Honda è accettabile perdere in SBK da Kawasaki, Suzuki e Yamaha, così come lo è per gli altri costruttori. Ma a Suzuka, tutti i colossi nipponici mettono l’impegno che si riserva ai più importanti eventi motoristici e la sconfitta non è un’opzione contemplata da nessuno. Si parlava di onore e l’onore è una faccenda che nel Paese del Sol Levante prendono dannatamente sul serio. Per questo motivo i reparti corse delle Case sono chiamati ad uno sforzo eccezionale, schierando il massimo della propria tecnologia ed i migliori piloti disponibili.
La formula durante gli anni si è evoluta e si è passati da equipaggi composti da due piloti, alle attuali formazioni di tre piloti. Invece lo Start di questa gara si svolge sempre nello stesso poetico modo. Da un lato della pista le moto, tutte schierate a 45° e tenute da un meccanico. Dall’altro lato, tutti i piloti schierati ai blocchi di partenza, pronti allo scatto. La corsa parte con questa procedura suggestiva, preceduta da un conto alla rovescia tenuto all’unisono dallo speaker e dai tantissimi tifosi presenti.
La gara si corre dal 1978 e scorrendo l’Albo d’Oro si troveranno tantissimi nomi celebri di piloti che con le competizioni Endurance hanno avuto poco o niente a che fare nella loro carriera. Ma sono stati tutti chiamati al proprio dovere di difendere i colori dell’azienda e spesso una vittoria alla 8 ore ha significato per un rider un contratto per l’anno successivo con la Factory di appartenenza.
Si passa da Gardner a Rainey, fino ad arrivare a Edwards, Rea ed Haslam. Tra gli altri spicca anche quello di Valentino Rossi, ma della sua avventura giapponese parleremo in seguito. Spesso nel firmare un contratto SBK o MotoGP con la Casa di turno, i riders si sono trovati costretti ad accettare la partecipazione alla 8 ore. A volte, in particolar modo per i grandi campioni, è stata legata alla possibilità di ricevere dall’azienda la moto con cui il pilota aveva vinto il mondiale precedente. Un gentlemen agreement.
Ad alcuni è andata anche peggio e ricordiamo il povero Alex Criville. Vinto il Mondiale 500 del 1999, anno del ritiro di Doohan, lo spagnolo chiese l’anno successivo di poter avere in regalo la moto con cui aveva vinto il Mondiale. Da compagno di squadra del cannibale australiano, probabilmente Alex non aveva minimamente previsto questa ipotesi nel firmare il contratto con la Honda l’anno precedente e non aveva sottoscritto alcuna clausola al riguardo. Così quei simpaticoni della HRC acconsentirono ad una condizione e cioè che Alex partecipasse alla gara endurance tra scooter di contorno alla 8 ore di Suzuka. Ed è così che nel 2000 il Campione del Mondo della classe 500 scese dalla propria NSR e salì su un poderoso scooter pur di mettere la bellissima NSR Repsol nel salotto di casa. I giapponesi sanno essere sadici.
La storia legata all’impegno che mettono le Case Giapponesi in questa gara ha avuto anche svariati risvolti nel Campionato del Mondo SBK. Nel 2002 Troy Bayliss si stava riconfermando campione del mondo in sella alla sua 998, con un ruolino di marcia assolutamente impressionante. Nei primi otto round, Troy vinse la bellezza di tredici Manches, dominando letteralmente la scena del Mondiale. Ma il suo avversario Colin Edwards non mollava per niente e con una costanza invidiabile riuscì a tenere a distanza di tiro l’australiano. In estate arrivò la 8 Ore di Suzuka e la Honda sviluppò la VTR SP-W in dotazione al Texas Tornado al punto di restituirgli un vero missile per disputare le restanti gare del Mondiale. Senza questo step evolutivo, difficilmente il Texas Tornado avrebbe sconfitto il Carrozziere di Taree. E Colin non sprecò l’occasione, vincendo 9 manches su 10 e battendo Bayliss in un duello finale ad Imola nel 2002 passato alla storia. Tutti ricorderanno Troy passare il traguardo da sconfitto e con le braccia aperte. La gigantografia di questa immagine campeggia per alcuni anni sulla parete della fabbrica Ducati di Borgo Panigale con la scritta “Fino alla fine”.
Tornando a parlare di altri aspetti legati prettamente alla 8 ore, un’argomento che spesso non viene sottolineato ma che rende davvero molto rischiosa questa gara per i piloti provenienti dal Mondiale, è la presenza in pista contemporaneamente di equipaggi di livello assolutamente differente. Da una parte, ci sono le Case che partecipano con i Team ufficiali e piloti provenienti dal Mondiale SBK, MotoGP e Mondiale Endurance. Dall’altra una serie di Team di livello appena superiore all’amatoriale con moto non all’altezza delle prime file. Questa situazione si traduce in una differenza sostanziale tra i tempi sul giro che possono differire anche di 15-20 secondi al giro in alcuni casi. Tutto questo si traduce in una situazione di rischio costante, paragonabile in qualche modo alle differenze che spesso di vedono in gare come la 24h di Le Mans tra categorie diverse che corrono contemporaneamente. Solo che a Suzuka, teoricamente, le moto dovrebbero tutte far parte della stessa categoria. In realtà per i piloti ufficiali la pista è affollata di chicane mobili, che spesso non si comportano in maniera prevedibile, rendendo pericolose tutte le operazioni di doppiaggio.
Altro aspetto caratteristico ed affascinante della gara è l’arrivo al buio. Lo starting è di mattina e la gara termina al calar del sole, regalando uno spettacolare arrivo illuminato dai potenti fari delle moto in assetto Endurance e dalla coreografia di migliaia di tifosi in estasi sulle tribune del rettilineo principale.
Dopo un periodo di dominio di piloti giapponesi, la gara ha visto negli ultimi tre anni primeggiare tre piloti protagonisti del Campionato SBK. In particolare, Leon Haslam e Michael Van Der Mark hanno vinto in coppia le ultime due edizioni in compagnia del giapponese Takumi Takahashi, vecchia conoscenza del Mondiale GP. Tre anni fa nel 2012, fu invece un altro nome celebre ad imporsi nella Classica Nipponica. Anche Johnny Rea infatti ha scritto il proprio nome nell’Albo d’Oro della competizione, avendo corso in compagnia di Kousuke Akiyoshi e del vecchio volpone Tadayuki Okada (per gli amici Taddy). Le ultime cinque edizioni sono state dominate dalla Honda, con la CBR RR e se anche quest’anno la HRC non ha portato un modello innovativo e nessun apparente balzo in avanti tecnologico, a cambiare l’anima del progetto ci penserà il Vip per eccellenza di questa edizione, vale a dire il più veloce pescatore di Curri Curri, all’anagrafe Mr. Casey Stoner.
Stoner avrà come Team Mate il giovane olandese Van Der Mark e il giapponese Takahashi sostituendo Leon Haslam nel team che HAARC che ha vinto le ultime due edizioni della gara. Questa squadra si confronterà con altri nomi illustri del Mondiale GP, vale a dire Bradley Smith e Pol Espargarò, in sella ad una R1M schierata e gestita direttamente dal reparto corse di Iwata.
Proprio la partecipazione dell’australiano, già velocissimo nelle prime sessioni test pre-gara, sta catalizzando un’attenzione mediatica enorme su questo evento sportivo solitamente snobbato dalla maggior parte dei media. Quel che è certo, è che quando Casey nel 2009 ebbe i famosi problemi fisici legati all’intolleranza al lattosio, rimase ferito profondamente dal comportamento della Ducati che offrì a Lorenzo la Desmosedici condita da un contratto milionario. Passare alla Honda e battere proprio la Ducati diventò una questione di onore. Casey ha quindi molta familiarità con il motore principale di questa gara, il suddetto Meiyo.