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Il cammino della Suzuki in Superbike

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La Casa di Hamamatsu ha sempre partecipato al Mondiale SBK, schierando in pista moto mitiche che hanno tenuto alto il blasone sportivo delle GSX-R. A Phillip Island non c’è stata alcuna Gixxer in pista: in Giappone stanno preparando il rientro in grande stile

Se è vero che il Mondiale SBK è il campionato dedicato alle sportive di serie che tutti possono acquistare dal concessionario, sembra del tutto innaturale che non ci sia in griglia nessuna GSX-R. Questa sigla rappresenta da sempre la sportiva per eccellenza, una moto capace di regalare tantissime soddisfazioni agli acquirenti in tutto il mondo e capace di passare attraverso anni di evoluzioni e miglioramenti diventando una pietra miliare della produzione sportiva mondiale.

Una sigla che ha contraddistinto moto portate in pista da tantissimi campioni di questo sport, dalla sua prima incarnazione di cilindrata 750 che aveva le forme conosciute agli smanettoni con l’acronimo SRAD, alle 1000 che l’anno scorso hanno fatto penare Alex Lowes e Randy De Puniet. Tutte indistintamente equipaggiate da motori con una sola architettura: 4 cilindri in linea.

Il primo anno in cui la Suzuki decide di fare sul serio in SBK è il 1999, affidando le 750 SRAD alle amorevoli cure del Team Alstare di Francesco Batta. La scelta per i piloti da schierare ricade sul grande Frankie Chili e sul giapponese Katsuaki Fujiwara, che oltre ad avere un passaporto gradito ai vertici di Hamamatsu va anche decisamente forte.

Frankie Chili, 2000

La moto non è male e Frankie riesce a vincere due gare lottando come un leone per tutta la stagione e le vittorie di manche a Zeltweg e nella gloriosa Hockenheim fanno ben sperare per la stagione successiva. Il sesto posto finale potrebbe rappresentare un buon trampolino di lancio per l’assalto al titolo nel 2000, ma la Honda porta in pista la VTR con Edwards e la Yamaha replica con la R7 ed un Noriyuki Haga da leggenda.

Chili vince la prima manche di Monza, nella sua amatissima pista, proprio nel weekend del mitico sorpasso di Bayliss. La stagione va avanti tra alti e bassi, ed il quarto posto finale è un ottimo risultato considerando che la moto inizia ad accusare un’età anagrafica non proprio da ragazzina. Ma ad Hamamatsu non stanno con le mani in mano e presentano una versione completamente aggiornata della moto, che sembra poter avere ambizioni da vittoria.

Purtroppo la realtà è ben diversa, perché la moto non andrà mai davvero forte. Secondo Chili c’è un grave problema di geometrie che non si può risolvere con la sola messa a punto in pista. In Alstare le provano tutte, ma la stagione si trasforma in un mezzo incubo con la sola gioia della vittoria a Donington in gara 2 in una manche vinta dopo un duello furibondo con Neil Hodgson e la sua Ducati. Frankie a fine stagione decide di tornare in Ducati vestendo i colori della NCR, pensando di avere maggiori chance di vittoria su una Ducati semi-ufficiale ed in Suzuki arriva Gregorio Lavilla, lo spagnolo che aveva fatto bene con Kawasaki.

Il 2002 è un anno transitorio con Lavilla che rema a centro classifica mentre all’orizzonte si prepara la rivoluzione che cambierà per sempre la SBK. Viene infatti concesso alle 4 cilindri di salire alla cilindrata piena di 1000 cm, facendo perdere alla Ducati il vantaggio di cilindrata che aveva schierando la bicilindrica. Nell’anno successivo debutta infatti la GSX-R 1000 k3, che si dimostra subito velocissima, ma letteralmente distrugge le gomme. Gregorio e il Team le tentano tutte per tentare di arginare il problema, ma l’elettronica è ancora ai suoi primordi ed il controllo di trazione non permette le regolazioni di fino che arriveranno negli anni successivi. Il risultato è che nei primi giri di quasi tutte le gare, Lavilla è a ridosso delle Ducati di Hodgson e Xaus, salvo poi issare bandiera bianca da metà gara in poi, con gomme letteralmente a pezzi.

Gregorio Lavilla, 2002

Il progetto 1000 4 cilindri ha delle ottime potenzialità, ma la Suzuki decide di prendersi un anno di pausa per sviluppare quella che si rivelerà essere l’arma perfetta. Vale a dire la versione K5 della sua Gixxer 1000, una moto che ancora oggi popola i sogni erotici di ogni smanettone degno di questo nome. Il pilota scelto è Troy Corser che negli ultimi anni si era accontentato di un contratto faraonico alla corte di Carl Fogarty e della sua Petronas, L’australiano dimostra presto di non aver perso alcuna attitudine alla vittoria ed il 2005 si trasforma in una cavalcata trionfale per la bellissima moto allestita dalla Alstare.

Il bottino di fine stagione parla di 4 pole position e di ben 8 vittorie di tappa da parte di Troy Corser, che si riprende il numero 1 sul cupolino a distanza di ben 9 anni dalla vittoria del 1996 conquistata con la Ducati. Un dominio di queste proporzioni potrebbe far pensare ad un bis iridato quasi facile da realizzare, solo che nel 2006 in SBK è tornato un altro Troy, che di cognome fa Bayliss ed ha rinunciato a fare numero in MotoGP per tornare a suonarle a tutti su una cattivissima Ducati 999.

Troy Corser, 2005

Corser riesce a vincere due delle prime quattro manches e sembra che il bis sia fattibile. Ma in realtà resteranno le uniche due affermazioni della stagione, che vedrà il dominio pressoché incontrastato di Bayliss. L’australiano vinto il campionato SBK, si prenderà anche il lusso di andare a bastonare tutta la MotoGP a Valencia in un finale epico. Chiusa la stagione, arriva una vera bomba in Suzuki e porta il numero 3 sul cupolino della sua moto ed un nome pesantissimo in griglia di partenza. Stiamo parlando di Max Biaggi, che accetta la sfida di Francis Batta e dopo l’anno sabatico sale in sella alla versione K7 della GSX-R 1000. Una stagione ad altissimo livello quella del 2007, con Max costantemente in lotta per il titolo e vincitore di tre manches, tra cui l’indimenticabile prima tappa in Qatar, al debutto nella categoria. Finirà terzo in classifica generale ad una manciata di punti dalla vittoria, prima di passare in Ducati per una stagione da privato.

Max Biaggi, 2007

I due anni successivi scorrono con qualche guizzo di Max Neukirchner che regala nel 2008 due vittorie di tappa, ma che si infortuna pesantemente a Monza nel 2009, perdendo il resto della stagione nel tentativo di recuperare al 100% la condizione fisica. Anche Fonsi Nieto nel 2008 sembra in forma e vince subito in Qatar, ma chiude la stagione solo sesto. Ma la Suzuki e soprattutto la Alstare di Francesco Batta non rinunciano ad attaccare duro e nel 2010 portano in pista una GSX-R in versione aggiornata e molto agguerrita, che si porta in dote una buona dose di cavalleria ed un pilota velocissimo come Leon Haslam, che per tutta la stagione tiene testa ad un Max Biaggi pronto a portare al trionfo la splendida Aprilia RSV4 dopo un anno di sviluppo. Tre vittorie di tappa mostrano che il potenziale è ancora alto, ma il progetto di Noale è decisamente di un’altra generazione ed anche il talento di Haslam deve piegarsi alla tremenda efficacia di un Biaggi in stato di grazia.

Leon Haslam, 2010

Il 2011 rappresenta il canto del cigno per il rapporto tra Alstare e Suzuki, che dopo una stagione disatrosa con il solo Fabrizio capace di raccogliere qualche soddisfazione, decide di affidare le proprie moto al team Crescent di Paul Denning, che gestisce anche la compagine MotoGP e ha vinto tanto con Suzuki nella BSB. Il connubio si trascina letteralmente per i tre anni successivi, anche se in pista sulle Gixxer si alternano piloti di livello assoluto come Leon Camier, John Hopkins e Eugene Laverty, lasciato a piedi da Aprilia dopo una stagione comunque positiva. L’irlandese riesce addirittura ad aggiudicarsi la prima gara della stagione 2014 a Phillip Island, facendo illudere sul fatto che si possa correre una stagione al top con una moto ormai al limite dello sviluppo. Ma è solo un fuoco di paglia e lo scenario non cambia con il 2015, ultimo anno di collaborazione con la Crescent che a fine anno saluta Hamamatsu ed abbraccia il progetto Yamaha per riportare in pista la R1 nella WSBK.

Eugene Laverty, 2013

L’avventura della GIXXER in Superbike finisce così all’inizio della stagione 2016, proprio in un’anno in cui torna la Yamaha, la BMW schiera un top team e l’Aprilia rilancia con Ioda Racing. A Milano è stata presentata l’ultima incarnazione della GSX-R a cilindrata piena, una moto che ha dei contenuti tecnologici di altissimo livello e che in Giappone stanno sviluppando per arrivare pronti ai nastri di partenza della prossima stagione. Sarebbe bello che fosse nuovamente coinvolta la Alstare di Francesco Batta nel progetto, l’unico Team che ha saputo portare al trionfo una Gixxer nel mondiale per moto derivate dalla grande serie. Sperando che una delle regine tra le sportive di serie, torni a reclamare un trono su cui vanta pieno diritto per tutti gli appassionati di moto sportive al mondo.

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