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Ducati, fine di un’era: addio al bicilindrico in Superbike

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Ducati si appresta a presentare la sua attesissima V4 e nel frattempo ha omaggiato il bicilindrico con la Panigale Final Edition. E’ la fine di un’era

Non vi è certezza al mondo che non sia destinata a crollare sotto i colpi del progresso e della scienza. Una volta, per correre e vincere in Superbike, bastava mettere in pista una bicilindrica di cilindrata 1000 cc con in sella un buon manico. La prima a tracciare questa strada è stata la Ducati, che della SBK è stata la vera anima con la griglia di partenza spesso invasa dalle bicilindriche di Borgo Panigale. Dalla 888 alla 916, senza dimenticare la parentesi della 999, una moto etichettata con l’epiteto “brutta” dai puristi, ma in grado di vincere mondiali con Neil Hogdson, James Toseland e Troy Bayliss. Anche la Honda si è dovuta adeguare nel 2000 a questo percorso, mettendo in pista il mostro VTR SP-W, una moto che in versione da gara aveva lo stesso rapporto di parentela con la moto di serie che può vantare Kim Kardashian con il Papa.

Poi il regolamento è cambiato e Ducati per restare la passo ha dovuto presentare la 1198, minacciando il ritiro nel caso in cui non fosse stata accettata in gara. Con le giuste limitazioni regolamentari, si è riusciti a trovare la quadra anche per questa moto. Una moto che ha vinto con Troy Bayliss e con Carlos Checa, prima di cedere lo scettro di Regina del bicilindrico alla Panigale. Ma l’erede non è riuscita a ripetere le imprese delle illustrissime moto che l’hanno preceduta. La Panigale dopo anni di sviluppo è diventata realmente competitiva solo nelle ultime due stagioni, ma la Ducati non riesce in nessun modo a piegare la resistenza di Jonathan Rea e della sua Kawasaki. La più classica delle classiche moto giapponesi. Quattro cilindri in linea, telaio in alluminio, elettronica al punto giusto ed un equilibrio perfetto.

Ducati ha capito che è giunto anche per lei il momento di cambiare, ed ha intrapreso la strada che condurrà a presentare ad EICMA a Milano una moto che probabilmente non sarebbe mai dovuta nascere se ci si fosse ostinati sulla strada della tradizione. Ducati presenterà la V4, una moto che condividerà molto del suo DNA con la Desmosedici che corre in MotoGP, e che non avrà praticamente nulla in comune con la bicilindrica che ha reso grande il Marchio Ducati grazie anche alle vittorie in SBK. Ovviamente c’è chi obietterà che Ducati corre da sempre con la V4 in MotoGP, ma quello è un campionato per prototipi e Ducati non ha ignorato nessuna tradizione nello scegliere di competere con quanto di meglio la tecnologia gli permettesse di fare per battere le moto giapponesi.

Adesso però la Ducati ha deciso di fare lo stesso percorso in SBK, ed il discorso cambia. Cambia perché per la prima volta in SBK, sarà la Casa di Borgo Panigale ad essere costretta a seguire gli altri, e non saranno gli altri a doversi adattare per tentare di batterla. Non sarà la Yamaha a presentare una bicilindrica oppure la Honda a presentare una moto con telaio scatolato, seguendo una traccia lasciata dai tecnici Ducati. Questa volta saranno proprio loro a scendere in campo con un’arma alla quale sono stati “costretti” ad adattarsi, accettando che il tempo del bicilindrico nel Racing è finito. Non si udirà più il tuono di una mostruoso V2 di 1200 cc lungo le colline toscane, mentre un tester sta provando l’ultima evoluzione del Testastretta al Mugello. E non ci sarà più la possibilità di distinguere il suono della Ducati restando tranquillamente ad occhi chiusi sul rettilineo di una qualsiasi gara della SBK.

La Ducati ha dunque perso? La Casa che più di ogni altra ha difeso strenuamente le proprie tradizioni, si è dunque dichiarata sconfitta quando ha presentato la Panigale Final Edition? Non crediamo che sia così, e siamo convinti che non ha perso nessuno. Semplicemente, la Ducati ha deciso di aprirsi al cambiamento, di accettare che il mondo del Racing ed in particolare della SBK è cambiato. Una volta bastava un bicilindrico con un buon pilota. Oggi, ci vuole altro e Ducati sta lavorando per questo. Perché alla fine, la cosa importante non è che vinca un V4 oppure un V2. La cosa importante è che vinca una Ducati. Non conosciamo il rombo di quel V4, ma siamo certi che la prima volta che lo ascolteremo urlare di piacere a regimi improponibili per un bicilindrico, mentre si avventa sulla San Donato, un sorriso comparirà sul volto e la pelle d’oca sarà la dimostrazione che anche questa volta Ducati ha avuto ragione.

Quindi grazie Ducati. Grazie per aver accettato che il mondo è cambiato e per aver scelto di accompagnare questo cambiamento dimostrando di non avere nulla in meno delle tue avversarie in pista. Dopotutto, la frase la conosciamo tutti: Italians do it better! Anche un V4.

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