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Ducati Multistrada 950: DNA Ducati con anima cosmopolita
Un tuffo nella storia della Ducati alla scoperta dei modelli che hanno fatto grande il marchio con uno sguardo sul futuro che si annuncia rivoluzionario.
Ducati è da sempre considerato un marchio sportivo: quando ne viene pronunciato il nome l’immaginario collettivo è portato a pensare ad una moto sportiva rossa con i semimanubri. Un DNA maturato nelle gare dove le Rosse di Borgo Panigale, nel periodo a cavallo tra la fine degli anni ’80 e i primi anni del nuovo millennio, dominarono facendo man bassa di titoli in World Superbike. Ducati è sempre stata un brand di nicchia, vuoi per i prezzi mediamente elevati, vuoi per il fatto che sia pensata per amanti della sportività estrema: disposti a sacrificare il comfort per avere tra le mani un prodotto diverso dalle concorrenti giapponesi, tanto da rendere i suoi difetti dei pregi di cui vantarsi. A partire dagli anni ’50, periodo in cui arrivò alla corte di Borgo Panigale l’Ing. Fabio Taglioni padre del Desmo e delle moto che conosciamo ancora oggi, la Ducati non ha mai avuto molti modelli che si siano discostati troppo dal suo DNA sportivo. Eppure quelli che lo hanno fatto sono giunti ai giorni nostri perchè a loro tempo hanno creato un segmento che ha attirato gli amatori lanciando dei nuovi mood: Scrambler e Monster.
La vera rivoluzione in casa Ducati iniziò alla fine degli anni ’90 con l’introduzione della ST (sport-turismo) una serie di motociclette sportive dall’utilizzo maggiormente fruibile, più protettive e comode anche per il passeggero ed in grado di poter essere facilmente equipaggiabili con borse e bauletti per i bagagli necessari ad affrontare lunghi viaggi. Con l’arrivo del nuovo millennio Ducati iniziò a sfornare nuovi modelli come Multistrada, Hypermotard, Diavel, XDiavel e il nuovo Scrambler abbandonando definitivamente la nicchia e proponendosi come un marchio premium a 360°.
Ma perchè Ducati è cambiata? Fondamentalmente per restare al passo coi tempi: il contesto sociale è mutato e con esso anche il modo di produrre le moto; i nuovi modelli sono serviti per accaparrarsi nuove fette di mercato e nuovi estimatori del marchio, tanto da surclassare nelle vendite quelle che sono sempre state il loro cavallo di battaglia: le supersportive.
Questo settore infatti è proprio quello che negli ultimi anni ha subito il maggior colpo a livello commerciale: pensate cosa ne sarebbe stato di Ducati se non avesse diversificato la sua offerta. In realtà la Panigale, la maxi sportiva di casa, è la prima della sua categoria a comparire nella top 100, piazzandosi al cinquantasettesimo posto con 197 unità immatricolate tra gennaio e maggio del 2017 in Italia.
Ma allora qual è la moto da produrre? Per quanto riguarda il mercato italiano, sicuramente occorre avere a listino una buona “crossover”, detta comunemente enduro stradale. Ogni Casa costruttrice ha la sua proposta e le prime tre posizioni della classifica delle moto più vendute sono occupate da moto di questa categoria seppur con caratteristiche differenti: per quanto riguarda Ducati, la Multistrada è l’arma vincente anche se lo Scrambler continua ad essere il modello di Borgo Panigale più venduto. La crossover di casa quest’anno viene prodotta in tre varianti differenti: 950, 1200 e 1200 Enduro. Insieme riescono a totalizzare 1529 unità vendute, sopravanzando le vendite unificate dello Scrambler in versione 800 e 400, ferme a 1421 unità. Senza contare che per fare il prezzo di acquisto medio di una Multi servono circa due Scrambler.
La vera mattatrice di questo successo è la neonata 950, la vera versione mancante, con il rapporto prezzo/prestazioni/finiture più alla portata di tutti; la concezione di crossover in casa Ducati equivale a Superbike con manubrio alto e guardando le schede tecniche si nota un dato che fa un po’ sorridere: la “piccola” della famiglia dispone della potenza che a suo tempo era ad appannaggio della prima 916 stradale, la Superbike per antonomasia, mentre la 1200 dispone di quella della 1098 erede naturale del mito Ducati.
A questo punto c’è da chiedersi se la sportività sia rimasta nel DNA Ducati, e la risposta non può che essere positiva. La sola cosa ad essere cambiata è il concetto stesso di sportività che è passato da rude e scomodo, a qualcosa di più easy, alla portata di tutti grazie all’elettronica che riesce a rendere gestibili le potenze che fino a qualche anno fa erano ad appannaggio delle Superbike replica e gestite solo dai più smaliziati. Un nuovo modo di intendere e comunicare l’identità di un marchio, che sta vincendo sul mercato.