La gloriosa azienda bolognese produttrice di telai, considerata per lungo tempo la migliore azienda del settore, sembra ormai non avere speranza. A decretare la sua fine sono stati vari fattori, non ultimo il mancato accordo con la Ducati per la produzione dei telai del Multistrada, dopo che il telaio dello Scrambler – prototipizzato a Bologna da Verlicchi – era stato fatto produrre in Vietnam, seppure con maschere realizzate in Italia.
Anche per il Multistrada la concorrenza dell’estremo oriente è stata spietata e l’azienda vietnamita V.pic ha saputo spuntare un prezzo inferiore. Un telaio come quello del Multistrada ha un costo che si aggira attorno ai 70 euro (non verniciato) e l’offerta della V.pic era inferiore di circa 7 dollari rispetto a quanto proposto da Verlicchi.
Una differenza del 10% è importante: su una produzione annua di diecimila pezzi significa un risparmio teorico di 70.000 dollari/anno. Cifre sostanziose ma che sono purtroppo teoriche perché – quando si trattengono rapporti di affari con il Far East – bisogna tener conto delle trasferte (previste ed impreviste) delle varie delegazioni di commerciali e tecnici che erodono sempre vistosamente i previsti risparmi industriali. Si ha un bel dire infatti che ormai tutto viaggia con internet ed il mondo è globalizzato ma quando ci sono da firmare i contratti o sorgono problemi tecnici, sono sempre gli uomini che debbono muoversi.
Certo avere la Verlicchi davanti al cortile dell’azienda era un grande vantaggio sotto questo punto di vista per la Ducati. Dunque rivolgersi a migliaia di chilometri per produrre telai sembra una scelta non lungimirante allorquando ci saranno da realizzare prototipi e si saranno cancellati i produttori italiani. Con la cessata attività della Verlicchi e la dispersione delle capacità intellettuali delle sue maestranze, nel lungo termine l’industria motociclistica italiana verrà penalizzata, Ducati in primis.
Assieme alla Marzocchi, anch’essa chiusa recentemente, la Verlicchi rappresentava una parte importante del Made in Italy motociclistico e soprattutto bolognese. Ora siamo tutti un po’ più poveri.
A questo punto, invece che sentire parlare gli uffici stampa in maniera vuota di quanto bravi siamo noi italiani nel fare motociclette, preferiremmo fatti concreti come quelli che fece l’Honda quando sbarcò in Italia: con grandi sacrifici e lungimiranza fece nascere in Val di Sangro un indotto di eccellenza, perché senza fornitori locali l’Industria non ha futuro. Una lezione che i giapponesi hanno dato agli italiani e che qualcuno non ha compreso.
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