Formula 1
F1, senti Jean Todt: “Laboratorio per rivoluzione elettrica e verde”
Intervistato da La Stampa, il presidente FIA, ex team manager Ferrari, ha parlato della rivoluzione elettrica e verde nel motorsport
«Vede i tifosi? Impensabile fino a qualche mese fa». Saletta dell’Hotel de Paris, accanto al Casinò, entra il rumore della Formula 2 (oggi qualifiche di F1 alle 15). Jean Todt beve un cappuccino, entra la compagna, l’attrice Michelle Yeoh. «Ha visto qualche suo film?». Il presidente della FIA è di ottimo umore, a fine anno scadrà il suo mandato e non potrà più essere rieletto, dal 2009 la sua rivoluzione è stata profonda e non è ancora finita. Sicurezza e ambiente.
Pensa che la F1 sia a rischio estinzione se non diventa ecologica? «Proprio per escludere il rischio serve una visione del futuro. Nel 2014 i motori ibridi non piacevano, ora nessuno si sognerebbe di ritornare ai vecchi. Le prossime frontiere delle corse sono benzina pulita ed elettrificazione, idrogeno. L’attenzione al cambiamento climatico cresce, per fortuna, ne ho parlato con la vostra ministra dello sport». Con Valentina Vezzali? «Sì, molto simpatica. Le ho detto che le corse sono un laboratorio». Laboratorio o spettacolo? Non è un equilibrio facile. «Non è solo sport. Lo vediamo con la sicurezza. Lo stesso discorso si applica all’ambiente». Ma come si fa la benzina pulita? «Nel gruppo sui nuovi motori 2025 sono coinvolti i capi dei costruttori auto, da De Meo a Elkann, e i vertici tecnici delle compagnie energetiche: è un team enorme. È importante anticipare i problemi, avere una visione». Quale è la sua visione dopo la Fia? «Gli impegni non mi mancano: sicurezza stradale per l’Onu, presidente della fondazione di Aung San Suu Kyi, e poi International Peace Institute. Sono nei consigli di banche, cinema, alberghi. E sono fiero di aver creato l’Istituto di ricerca su cervello e midollo spinale al quale contribuì Michael Schumacher». Riesce ancora a vederlo con i limiti del Covid? «Vedo Michael almeno due volte al mese. Non lo lascio solo. Lui, Corinna, la famiglia: abbiamo fatto tante esperienze insieme. La bellezza di ciò che abbiamo vissuto fa parte di noi e va avanti». E il figlio Mick in F1? «Umile ed educato. Per ora le sue ambizioni sono limitate da una macchina non competitiva».
Anche Leclerc non ha un’auto vincente ma sul talento non si discute. «Con la Ferrari competitiva ha dimostrato di saper vincere. Il nostro sport ha bisogno di una Ferrari forte, i passi avanti sembrano interessanti». Dicono che questa Ferrari assomigli un po’ alla sua, un cantiere in ricostruzione. Che ne pensa? «Alt. Sono epoche e aziende diverse. Sono arrivato nel luglio 1993 e la situazione a Maranello era drammatica. La macchina, progettata in Inghilterra, si rompeva, la galleria del vento dovevamo affittarla. Gli uffici di disegno erano vuoti. L’unica cosa buona era il cibo». Come ne siete usciti? «Dopo quattro anni. Ma era un’altra F1, sa che cosa mi sorprende oggi di più?». Cosa? «L’affidabilità. Viviamo un periodo rivoluzionario della mobilità e delle corse». In pista il rivoluzionario è Hamilton, che porta temi sociali. Non è rischioso mischiare certi argomenti con lo sport? «Cinquant’ anni fa Lee Evans faceva il pugno alle Olimpiadi. Ora fai un gesto e lo vede il mondo in un secondo sui social. Lui è un campione, lo sa, e lancia messaggi. A me va bene, finché non è politica . Ci diamo da fare per avere campioni di tutte le nazionalità, spingiamo sulla parità di genere – sono già tante le donne nei posti di comando della Fia-, ma certi processi richiedono tempo». Nel 2022 cambieranno le regole, non vedremo più un dominio così lungo? «I domini esistono anche nel calcio o nel tennis: la Mercedes vince per merito. Gli altri dovevano attrezzarsi per batterla. Per fortuna c’è il duello con Verstappen». L’appassiona questa lotta? «Preferirei più squadre e più piloti coinvolti. E lo ripeto: la F1, e l’automobilismo, hanno bisogno di una Ferrari forte». E sta nascendo una Ferrari forte? «Penso che ci siano voglia e capacità. A livello di piloti sono a posto, Leclerc e Sainz, fra i migliori». Che cosa manca? «Un insieme: macchina, motore, telaio, aerodinamica. Devi avere tutto al livello più alto. Qualche millesimo di secondo può decidere. Ammiro questo dominio della Mercedes, anche se non piace e vorrei più competizione: ma da otto anni la squadra e Hamilton sono sempre sul pezzo. Avrebbero potuto rilassarsi e invece non è successo. La loro motivazione e la loro fame sono totali».