Superbike
SBK, intervista a Giorgio Barbier di Pirelli
Giorgio Barbier è il Responsabile Racing moto di Pirelli, la persona più competente per parlare dell’attuale situazione del monogomma in SBK e gettare uno sguardo in F1 e MotoGP
Il paddock di Imola, al mio arrivo nel primo pomeriggio del venerdì, brulica di tecnici che si adoperano per terminare le operazioni necessarie a preparare al meglio le moto. Mi avvio immediatamente verso l’area occupata dai mezzi della Pirelli e, nel frattempo, telefono a Giorgio Barbier, responsabile del settore Racing moto per Pirelli, per confermare un orario nel quale vederci e scambiare alcune chiacchiere. Con la proverbiale cordialità che da sempre contraddistingue Giorgio, mi invita a raggiungere immediatamente il quartier generale di Pirelli nel quale Barbier mi accoglie nel suo ufficio con una calorosa stretta di mano.
Conosco Giorgio sin dai tempi dell’introduzione del monogomma, nel 2004, così quella che doveva essere una classica intervista, diventa invece una piacevole chiacchierata tra tecnici appassionati del proprio lavoro, della Superbike e del Motorsport.
Giorgio, molte case produttrici di moto equipaggiano i loro modelli con pneumatici Pirelli. Che cosa conservano le gomme del Campionato Mondiale Superbike rispetto al prodotto omologato per utilizzo stradale?
«Conservano tantissime caratteristiche. Pirelli ha scelto di sviluppare il proprio prodotto in pista per realizzare poi pneumatici estremamente simili a quelli destinati al pubblico. Questa scelta ci vincola a non utilizzare materiali esotici o estremamente costosi perché porterebbero il prodotto finale ad avere costi eccessivi per il privato. Si tratta di una sfida affascinante, poiché Pirelli si “costringe” a sviluppare un prodotto ad altissime performance senza percorrere strade più facili ma che poi non sarebbero utilizzabili, in termini di costi, nel mercato stradale. Noi lavoriamo per fornire all’utente un prodotto affidabile, duraturo, con ragionevoli tempi di warm up e che possa essere performante su ogni tipologia di moto. Lavoriamo per obiettivi annuali e così facendo riusciamo a sviluppare i nostri prodotti in base alle esigenze del mercato»
Non avendo concorrenti diretti che spronino la concorrenza a fare meglio, tu credi che un regime di monogomma possa rallentare lo sviluppo del prodotto Pirelli?
«Per nulla. Mi rendo conto a uno sguardo distratto potrebbe sembrarlo, ma sono i dati a smentire una teoria simile. Seppur fornitore unico in SBK, Pirelli può contare su altri campionati per acquisire dati. Il CIV, ad esempio, ci permette di effettuare alcuni ritocchi e anche il BSB, seppur riceva gomme già testate, ci aiuta ad aumentare il patrimonio dei dati in nostro possesso. Anche il Mondiale Endurance dà condizioni estreme d’utilizzo»
Dal 2004 Pirelli è fornitore unico del Campionato Mondiale SBK, un bel primato. Che cosa ha garantito a Pirelli di restare unico fornitore del massimo campionato delle derivate di serie per quattordici anni?
«Il primo lavoro, una volta entrati in Superbike come fornitore unico, è stato quello di colmare un innegabile gap che Pirelli aveva rispetto ad alcuni costruttori di pneumatici presenti prima del monogomma, quindi la parola d’ordine era “Performance a tutti i costi”. D’altra parte, l’offerta prototipale della concorrenza era dedicata solo ad alcune squadre e piloti, mentre la nostra filosofia è sempre stata quella di promuovere solamente prodotti che fossero adatti a tutte le moto. Se ci accorgiamo che una nostra gomma funziona solo su una moto, o due, ma non piace al resto della griglia, non la avalliamo e voltiamo pagina.
Qui a Imola, per la Superbike, abbiamo portato otto tipologie di gomme, cinque anteriori e tre posteriori. Di queste, quattro sono pneumatici “sviluppo”»
In questi quattordici anni cosa è cambiato nelle caratteristiche degli pneumatici?
«Il vero cambiamento di filosofia è stato nel 2008/2009, quando con la crisi abbiamo dovuto stravolgere il nostro modo di pensare e di sviluppare il nostro prodotto. Se prima del 2008 i nostri pneumatici erano molto specifici e coprivano condizioni ben definite in fatto di temperatura e tipologia di asfalto, dal 2009 abbiamo voluto sviluppare pneumatici che avessero aree di utilizzo comuni più ampie. Mi spiego meglio. Prima del 2008 una SC1 funzionava bene in determinate condizioni ma, uscendo da queste, era necessario passare a un’altra gomma, ad esempio una SC2. Dopo il 2008, le aree di utilizzo in comune tra una SC1 e una SC2 sono maggiori, c’è più sovrapposizione. Questo fu un cambiamento necessario per abbattere i costi e dare un prodotto più versatile ai nostri clienti»
Il regime di monogomma può in qualche modo danneggiare lo spettacolo, favorendo alcuni piloti e alcune moto?
«Come dicevo, uno dei nostri obiettivi è sempre stato quello di non favorire alcun pilota o moto. Il monogomma è al contrario un ottimo modo per garantire maggior spettacolo. Se oggi, con l’attuale tecnologia degli pneumatici, tornassimo a un regime di più fornitori, renderemmo le performance delle moto più collegate alle coperture che non alle soluzioni tecniche delle moto stesse. Inoltre, per primeggiare sulle concorrenti, le case costruttrici di gomme inizierebbero a utilizzare materiali e tecnologie costosissime, impossibili poi da replicare sul prodotto stradale»
Pirelli, oltre ad essere fornitore unico per la SBK, da alcuni anni è fornitore unico anche in F1. Avete mai pensato di fornire anche la MotoGP?
«La MotoGP utilizza gomme che non sarebbero replicabili nell’utilizzo quotidiano e per Pirelli è fondamentale poter traghettare le tecnologie raggiunte nel Racing al prodotto stradale. Gli pneumatici per la MotoGP sono estremamente rigidi e necessitano di temperature di esercizio continuative difficilmente raggiungibili in strada. Certo, se parliamo di visibilità o di un palco sul quale promuovere Pirelli, la MotoGP è sicuramente interessante, ma in tal direzione abbiamo già la Formula1»
A proposito, alcuni mesi fa hanno fatto molta notizia i tempi di Jonathan Rea a Jerez, paragonabili a quelli realizzati dalle MotoGP. Secondo te, quanto conta la moto, il pilota e le gomme?
«Certamente Johnny è in uno stato di grazia e la sua moto funziona molto bene ma, onestamente, quei tempi non mi hanno impressionato, essendo stati fatti in inverno, quando il circuito di Jerez permette tempi sul giro sensibilmente più bassi»