MotoGP
Honda si lamenta e Ducati risponde
Dopo il duello Marquez-Iannone la Honda protesta sui regolamenti in MotoGP
La gara di Le Mans ha evidenziato alcuni aspetti assolutamente imprevisti di una stagione che dopo cinque gare ci mostra una Honda in grande difficoltà e Yamaha e Ducati in grande forma. Quelle che potevano sembrare coincidenze o situazioni dovute all’infortunio rimediato in allenamento si stanno invece delineando come una stagione di grandi difficoltà per il colosso Honda.
Il duello tra Marquez ed un Iannone infortunato ha evidenziato insieme alla caduta del rientrante Pedrosa un cambiamento rispetto al vantaggio che la casa giapponese aveva sulle avversarie la scorsa stagione. La RC213V non è più quel missile che perdona qualsiasi errore del pilota e che permette di vincere 10 gare una dietro l’altra. Sicuramente la Yamaha ha fatto un grandissimo lavoro per non ritrovarsi sconfitta in partenza come lo scorso anno e la Ducati ha costruito una ottima moto che grazie ai regolamenti è in grado di reggere il passo delle vere moto GP. Ed è proprio la Honda che dopo il duello di domenica ha iniziato a protestare sui regolamenti che permettono alla Ducati di schierare una moto tecnicamente diversa rispetto alle quattro moto GP.
Giustamente a Borgo Panigale replicano che non si può cambiare in corsa un regolamento già scritto. Ma per quale motivo siamo arrivati ad avere un campionato con moto così diverse tra loro che corrono tutte insieme? La famigerata categoria MotoGP è formata da soli quattro motociclette. Le due Honda Factory e le due Yamaha Factory. Considerando che Pedrosa è praticamente fuori dalla prima gara allora possiamo affermare che abbiamo al via solo tre moto GP. La Ducati che nelle ultime stagioni ha vissuto una crisi profondissima ha deciso di chiedere di essere iscritta come Open pur essendo una factory per ottenere tutte le facilitazioni riservate alla categoria open. Honda e Yamaha oltre all’organizzatore hanno acconsentito anche perché non avrebbero mai pensato che in pochi mesi la casa bolognese sarebbe stata in grado di costruire una stupenda moto molto veloce e competitiva in grado di combattere davvero alla pari con le avversarie. Ma alla pari non è per davvero!
Oltre ai motori, ai litri, alle gomme in più la ducati insieme alla Suzuki può continuare a sviluppare i propri motori e telai effettuando test che sono invece tassativamente vietati per le vere moto GP. Per quale misterioso motivo devono convivere quattro tipologie tecniche completamente diverse sotto lo stesso tetto? Che cosa c’entra la Aprilia Superbike con basamento di serie nella categoria moto GP? Non sarebbe il momento di fare davvero punto e a capo e ricostruire da zero un nuovo regolamento tecnico tenendo conto dei due fattori più importanti per il motociclismo? Un regolamento costruito soprattutto per tenere sotto controllo i costi sostenuti dalle case ed in secondo luogo un regolamento in grado di limitare al massimo l’invadenza dell’elettronica nei confronti delle potenzialità di ogni pilota. Un regolamento chiaro unico e molto semplice che tutti devono adottare e rispettare senza nessuna eccezione o deroga.
Come è avvenuto dalla creazione del motomondiale del 1949 fino al 2002 con la sciagurata trasformazione da 500 a 1000 a 4 tempi. Fino al 2002 il regolamento era molto semplice. Gli unici limiti erano dati dalla cilindrata di 500 e dal peso di 135 kg. Tutto il resto era affidato alla fantasia dei progettisti. Molti decidevano di correre con motori a due tempi e solo la Honda provò la strada del quattro tempi con la Oval Pistons. Alla fine lo schema vincente era quello del quattro cilindri a V a due tempi che permise anche alla Cagiva di schierare con costi accettabili una sua motocicletta insieme alle Honda Yamaha e Suzuki. Poi con la scusa dell’inquinamento ci fu questa rivoluzione che ha cambiato completamente e radicalmente il volto della classe regina della MotoGP. Portare la cilindrata da 500 al 1000 ha creato una serie di problematiche che hanno cambiato il volto delle competizioni.
Oltre a centuplicare i costi il risultato più eclatante è stato quello di creare dei mostri da oltre 250 cavalli che nessun essere umano sarebbe in grado di guidare senza l’aiuto di centraline elettroniche che limitano in tutto e per tutto l’esagerata potenza dei motori. Questa incredibile potenza unita ad un arco di utilizzo di questi motori di quasi 9.000 giri ha fatto sì che ormai in tutte le piste l’uso del cambio sia ormai superato e quasi inutile. Insomma grazie all’elettronica anche chi arriva dalla Moto3 è in grado di guidare queste moto radiocomandate a differenza delle vere 500 che erano riservate all’elite planetaria dei migliori cinque o sei piloti in grado di gestire con il solo polso destro i 200 cavalli di quei rabbiosissimi motori a due tempi. Tutti gli altri purtroppo finivano in infermeria.
Potremmo riscrivere i regolamenti riportando le cilindrate a prima del grande disastro del quattro Tempi che ha creato tra l’altro anche l’assurda inutile e scandalosa Moto2. Come è stato possibile cancellare sessant’anni di meravigliosa storia della classe 250 con un monomarca monomotore? È davvero arrivato il momento di riscrivere i regolamenti sulla base delle esigenze principali di ogni casa costruttrice. Il contenimento dei costi e la massimizzazione dello spettacolo sportivo. Non sono un ingegnere ma ritengo che bisognerebbe assolutamente ritornare ad una cilindrata molto inferiore a 1000 obbligando così i tecnici a realizzare vere moto da corsa senza elettronica.