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La saga del Testa di Tester
Basta, ho deciso! Vuoto il sacco e svelo tutta la verità sulle prove e sui tester delle nuove motociclette
Voglio raccontarvi i veri retroscena di quell’attività così tanto agognata invidiata e desiderata da tutti gli appassionati delle due ruote. Di tutte le possibili professioni che si possono fare intorno al mondo delle moto, quella del tester è sicuramente la più ambita, subito dopo, se non alla pari con quella del pilota.
Io stesso conosco fior di manager, professionisti e super ricchi che cambierebbero all’istante le loro poltrone in pelle umana con la possibilità di fare il tester di moto in giro per il mondo. Ma perché la gente è convinta erroneamente che chi svolge il lavoro di tester sia un privilegiato che viaggia tra Limousine e voli in prima classe attorniato da ancelle discinte e lascive che ti aiutano a mettere la tuta e ti detergono il sudore quando rientri ai box di piste magiche situate in paradisi tropicali?
Pensate che davanti alle porte dei caporedattori di testate motociclistiche ci sono veri e propri accampamenti con decine di giovani scortati dalle mamme e dai padrini in attesa di porre le loro candidature per poter fare il tester. Avendo fatto la prima prova su una Kawasaki 500 Mach 3 nei primi anni settanta, posso tranquillamente svelare tutta la verità su questa ambitissima professione che nella realtà dei fatti è molto, ma molto distante quella immaginata da tutti.
Innanzitutto questo è un lavoro decisamente duro caratterizzato da due costanti micidiali che non sono l’adrenalina e l’avventura ma bensì sono le perdite e le attese. Ebbene si, il lavoro di tester è soprattutto attesa snervante e costante. Attesa di aerei che non partono mai all’orario stabilito. Attesa di coincidenze che non vengono mai rispettate in nessuna regione del globo. Oppure attesa del solito collega che per fare il fenomeno ha deciso di arrivare in Kayak all’appuntamento di Francoforte per volare a Kyalami. Attesa delle valigie che contengono le tute e i caschi senza i quali si rischia di attraversare il mondo per poi non poter fare nulla. Perché la tua tuta è finita a Singapore nessuno ti presterà la sua per fare delle foto con scritto Motosport dappertutto. Cosa che avviene sempre ad ogni presentazione e che causa crisi isteriche nei colleghi che rimangono al palo per colpa delle compagnie aeree. Spessissimo le borse arrivano. Ma siccome l’addetto ai bagagli della Malpensa ha appena comprato uno Scarabeo per il figlioletto, allora decide di sottrarti il casco e i guanti dalla tua borsa.
Io spesso mi apposto (armato di 357 magnum) nei parcheggi delle scuole di Quarto Oggiaro sperando di rivedere quel meraviglioso Arai aerografato da Troy Lee con su scritto in Oro e Argento “Di Pillo The Voice”! Quindi il trucco è ormai conosciuto da tutti e risiede nel riempire le borse con calzettoni usati nel motocross per mesi e senza mai lavarli. Appena l’addetto truffaldino ai bagagli apre la tua borsa in cerca di souvenirs viene investito dai miasmi che gli provocano l’immediata colorazione dei capelli in verde e uno shock dal quale si riprenderà dopo due mesi.
Altra necessità è quella di viaggiare negli aereoporti con borse imbarazzanti come bagaglio a mano con dentro il casco e tutto quello che è prezioso e rubabile oltre naturalmente a tutte le cassette video con il girato. Perché l’unica volta nella vita che ho passato Mamola all’esterno al curvone di Sepang davanti al mio operatore esterrefatto e incredulo, non l’ho mai potuto mandare in onda perché ho spedito le preziosissime cassette nella valigia andata persa e mai più ritrovata.
Ma le attese sono anche costanti e snervanti in pista. Dove le temperature di solito sono di 42° e quasi sempre il babbeo che ti deve consegnare la moto alle 12,45 cioè allo zenith esatto e infernale, arriva tutto impolverato e raffazzonato per il solito dritto alla curva cinque dove ci sono i fotografi. Quindi rimani un’ora con la tuta aspettando che i poveracci dei meccanici cambino le carene e controllino le gomme bestemmiando in bergamasco. Insomma di tutta quella poesia romantica che vive intorno a questo stupendo lavoro che vuole noi tester equiparati a cavalieri di ventura del ventunesimo secolo è sempre stemperata e vanificata da episodi fantozziani che ci fanno assomigliare più a impiegati del catasto in trasferta premio, che a veri cavalieri del brivido.
Ma non basta. In questi 30 anni di prove anteprime e test su tutte le più belle moto del mondo messe alla frusta su tutte le piste più belle del mondo ho vissuto svariati episodi decisamente curiosi e particolari da poter scrivere un libro intero intitolato proprio “Testa di Tester”. Posso concludere questo pezzo con un episodio esplicativo di questa attività meravigliosa ma non priva di pericoli e problemi. Durante la prova di una ducatona SBK a Valencia, la Ducati decide di trattare noi tester come veri piloti: errore madornale! Quindi due tester per ogni box come in un gran premio e ogni moto ha i suoi meccanici, tecnici, gomme e sospensioni.
A me vista l’anzianità molesta, viene affiancata una giornalista donna americana. E siccome (come Valentino) non carburo mai prima di mezzogiorno, decido di fare due giri e lasciare la fanciulla a girare fino alla pausa. A pranzo, i bastardi dei miei meccanici armati di cronometri, pistole laser e rilevatori satellitari, arrivano con sorrisini sardonici e mi mostrano l’impietoso cronometro dove la malefica americana mi ha rifilato ben 5 secondi. Maremma pilotessa! Vabbè che sono antico ma cinque secondi da una sconosciuta befana motorizzata mai. Non mangio nulla, prendo due red bull e tre caffè e mi sparo dieci giri da brivido dove per fortuna mi supero di sette secondi e ritorno davanti a questo assurdo duello. I SuperBastardi di meccanici Ducati vengono subito a complimentarsi per il tempone e mi dicono che dove stacco io nel rettilineo non stacca nessuno. Io, cretino nato! Gli confido che siccome tutti staccano a 240 KmH sotto il ponte, io prendo come riferimento le casacche rosse dei meccanici che si sporgono dal muretto dieci metri dopo il ponte. Voi non ci crederete ma questi “assassini nati” appena torno in pista si spostano tutti di dieci metri e io arrivo come un pazzo e cerco disperatamente di inserire la meravigliosa Ducatona nel curvone sinistra dopo una staccata da manicomio a ruota posteriore alzata. Per miracolo riesco a buttarla giù e mi chiedo nel casco come mai sono arrivato quasi lungo in acrobazia. Al giro dopo, i burloni decidono di esagerare e vanno tutti a trenta metri dal punto precedente e io come un babbeo arrivo alla staccata ma non abbozzo nemmeno l’ingresso in curva perché mi vedo già tutto ingessato nel locale nosocomio a parlare spagnolo.
Quindi mi sparaflescio a 250 nella via di fuga arrivando come gatto silvestro con gli occhi fuori dal casco fino alle gomme dove mi stampo e rimbalzo indietro a pelle di leone. Mentre sono nella ghiaia sento le risate dei meccanici che arrivano baldanzosi a risollevarmi e soprattutto a riprendere la povera Ducatona tutta sporca. E adesso se volete ancora fare i tester siete grulli.