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SBK, Melandri e quella vittoria che continua a sfuggire

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Marco Melandri è tornato in SBK per vincere. Non è ancora arrivata la prima vittoria nel 2017, ma basta guardare altri esempi piuttosto celebri per capire che in certe cose ci vuole tempo

Quando la Ducati ha annunciato di aver ingaggiato Marco Melandri in SBK come compagno di squadra di Chaz Davies, le reazioni all’annuncio sono state contrastanti tra i tifosi del Marchio. Probabilmente a pesare sulla generale diffidenza c’era lo spettro di quella stagione maledetta che fu il 2008 di Macio in sella alla Desmosedici che Casey Stoner faceva volare. Il tempo ha insegnato a tutti che quella moto poteva essere portata al limite solo ed esclusivamente da quell’incredibile pilota australiano, e Melandri chiedeva già dieci anni fa modifiche sostanziali al “concetto” Ducati in MotoGP, avendo compreso che seguendo quella strada non si sarebbe fatto molta strada.

La coppia Melandri-Ducati si salutò in malo modo, ed i fallimenti successivi di Valentino Rossi e le difficoltà attuali di Jorge Lorenzo, hanno chiarito definitivamente che non era il caso all’epoca di lasciare inascoltati quei consigli. Avanti quasi dieci anni, il Melandri che è tornato a Borgo Panigale per correre in SBK è un pilota più maturo, con maggiore esperienza. Ma è anche un pilota che è stato suo malgrado lontano dalle gare quasi due anni e soprattutto lontano dal vertice per tre.

Questo è un particolare da considerare con molta attenzione, ma che spesso viene dimenticato nel valutare le prestazioni di Marco in sella alla Panigale SBK. La verità è che Melandri sta tornando a correre come sa, un passo alla volta. Bisogna comprendere che ci sono questi due elementi che pesano moltissimo sul percorso intrapreso. Il primo è lo stop prolungato, ed il secondo, che forse pesa ancora di più, riguarda la sua esperienza prima di correre in SBK. Il ravennate ha iniziato la stagione 2015 in sella alla Aprilia RS-GP, che nella sua versione di quella stagione era una parente non troppo lontana della RSV4 SBK e il passaggio forzato nel paddock della MotoGP non fu mai digerito dal pilota ravennate.

Arrivò lo stop ed il lento cammino di riavvicinamento alla SBK, che si è concretizzato con il contratto Ducati e con un impegno da parte del pilota assolutamente da elogiare. Sono stati tanti gli appassionati che sono rimasti sorpresi positivamente nel trovare Marco Melandri che si allenava in giro per le piste d’Italia in sella ad una Panigale R quasi di serie. Una vera dimostrazione di determinazione, di forza di volontà ed una grande prova di umiltà. Melandri ha ricostruito gli automatismi, è tornato a spingere al limite e quando è salito la prima volta sulla versione SBK della Panigale ha capito che quella moto era perfetta per ritornare al top.

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L’unico punto che nel percorso di questo tipo non si può preparare in alcun modo, è l’attitudine per la lotta al top. Nel motociclismo, c’è un illustre precedente che è illuminante. Quando Valentino Rossi tornò in Yamaha dopo il biennio terribile in Ducati, non fu subito velocissimo. Nella stagione 2013 Valentino riuscì a vincere ad Assen, ma per tutta la stagione è stato costretto ad inseguire i rivali Marquez, Lorenzo e Pedrosa, recitando suo malgrado il ruolo di 4° uomo all’interno del ristretto gruppetto di Top Rider. Era palese che qualcosa non funzionasse al massimo ed in tanti si affrettarono a definire Valentino un pilota finito.

Ma fu proprio Rossi a parlare del biennio in Ducati come un grande problema, anche per quanto riguarda l’attitudine ereditata. Quella abitudine alla lotta per la vittoria, completamente svanita tra il 2011 e 2012, non fu facile da ritrovare. Eppure Rossi è tornato al top. Nel 2014 ha battuto Lorenzo ma non è riuscito ad arginare lo strapotere di Marquez, mentre nel 2015 sappiamo tutti come è andata a Sepang. Questo cambiamento ha richiesto del tempo, non è stato immediato e non era affatto scontato.

La situazione di Marco Melandri per certi versi ricorda questo illustre precedente. Marco è costante, è spesso sul podio. Ma è palese che manchi ancora qualcosa per lottare ad ogni gara per la vittoria. Probabilmente non si tratta di velocità pura o di un particolare aspetto del setup da migliorare. E’ molto più plausibilmente una questione di testa, di attitudine per la lotta al vertice. Il percorso intrapreso da Melandri non è facile e sarebbe un grosso errore dare per scontato che le sue prestazioni siano plafonate e destinate a restare le attuali.

Bisogna invece attendere, dare il tempo a Macio di fare il proprio percorso, e riconquistare la fiducia necessaria per lottare sempre per il bersaglio grosso. Siamo certi che lo spirito del guerriero c’è ancora, e che sarà possibile per Melandri ritrovarlo, coltivarlo e tornare a lottare per ogni manche. I tifosi devono avere pazienza, ed intanto godersi quel pilota che caricava la moto sul furgone per andare a girare come uno smanettone qualsiasi, con tanta voglia di rimettersi in gioco. Quello smanettone, tornerà presto a brillare come uno dei più grandi talenti del motociclismo. Dategli tempo.

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