MotoGP
Maverick Vinales, il pilota del futuro
Scopriamo chi è Maverick Vinales, il giovane spagnolo che nel 2015 si è meritato il titolo di Rookie of the Year e ha fatto vincere una grande scommessa a Davide Brivio, il manager che l’ha voluto in Suzuki
Quando i tuoi genitori ti chiamano come il più celebre pilota di caccia che Hollywood ci abbia offerto, il tuo destino deve per forza andare a velocità vicine a quelle del muro del suono. E magari tentare di infrangerlo. Maverick è il nome del pilota della Top Gun interpretato da un giovane attore dal futuro luminoso di nome Tom Cruise. Le similitudini tra il pilota di F-14 Tomcat e il pilota della Suzuki GSX-RR non si fermano al nome, perché lo spagnolo sembra una riproduzione in chiave moderna del pilotino che faceva impazzire gli istruttori pluridecorati come Chester e Viper. Il talento non manca di certo a nessuno dei due personaggi. L’uno con la sua leggendaria capacità di fare la barba alle torri di controllo sparse in giro per il globo e l’altro in grado di portare una giovanissima MotoGP a farsi notare sui circuiti di tutto il mondo, pennellando derapate delicate e staccate perfette.
Maverick Vinales è riuscito negli anni ad affiancare a delle innate doti di velocità e sensibilità, una grande capacità di analisi e una calma che in molti ritenevano gli mancasse. Dopotutto parliamo di un ragazzo che ha debuttato nel 2009 sulle mai abbastanza rimpiante 125 due tempi, le ultime moto da corsa a due tempi che abbiano gareggiato ad alto livello. Si fa notare subito ed inizia il suo percorso di crescita che lo portò presto al Mondiale 125 due anni dopo, forte di un titolo europeo vinto l’anno precedente. Appena arrivato alla sua personale Top Gun, cioè il paddock del motomondiale, Maverick Vinales stupisce tutti vincendo subito, alla sua quarta gara, sul circuito di Le Mans in Francia.
Un debutto decisamente col botto, con ben quattro vittorie di tappa ed un bottino di 248 punti che gli permettono di issarsi al terzo posto della classifica finale del 2011 e lo candidano direttamente al ruolo di pretendente del titolo per l’anno successivo dopo aver conquistato il primo Rookie Of The Year.
Ma il 2011 è l’ultima stagione per le 125, perché all’orizzonte incombe la neonata Moto3 e lui si aggiudica una moto con cui non sboccerà l’amore. Nonostante tanti problemi di feeling con la moto, nel 2012 Maverick Vinales ottiene ben cinque vittorie nelle prime nove gare della stagione. Rispettando alla perfezione il proprio destino di casinista condiviso col pilota di caccia di cui sopra, Maverick Vinales entra in rottura con il team nei giorni precedenti il GP della Malesia, al punto da non disputare la gara e perdere di fatto qualsiasi speranza di vincere il suo primo titolo mondiale.
Poco male, ormai Maverick Vinales ha smesso di essere solo il nome di un celebre pilota di caccia ed è diventato il nome del pilota spagnolo più interessante del panorama giovani presenti nel mondiale. Nel 2013 conferma che tutte le aspettative sono ben riposte, andando a dominare la stagione e vincendo il titolo con tre vittorie e ben otto secondi posti che lo lanciano nell’olimpo dei campioni del mondo. I tempi sono maturi, per cui decide di passare in Moto2 nel 2014 dopo essersi prima aggiudicato il titolo della entry class. Con le moto più grandi sfodera tutto il suo potenziale, mostrando una guida magnifica in continua derapata e con una grande sensibilità che gli permette di tenere il gas spalancato con la moto totalmente scomposta.
Nella stagione di debutto ottiene quattro vittorie, la prima delle quali in Texas alla seconda gara della stagione. Maverick Vinales non vince il titolo, ma ci va vicinissimo e sale sul terzo gradino del podio della classifica finale confermandosi definitivamente come la vera promessa del motociclismo su cui puntare in alternativa al sempre più ingombrante Marc Marquez. Con i suoi risultati, Maverick Vinales entra nel mirino dei vari team MotoGP per tutto il 2014 ed in tanti cercano di strapparlo agli avversari. Tra gli altri, si fa avanti Davide Brivio, che sta costruendo il Team Suzuki per il rientro della Casa di Hamamatsu in MotoGP. Il progetto è interessante, la GSX-RR sta girando già da qualche mese e sembra vada piuttosto forte. Può essere una buona chance, l’occasione per debuttare senza avere il peso di troppe aspettative sulle spalle.
Maverick Vinales firma il contratto e nel 2015 si ritrova in MotoGP su una moto al debutto, gestita da un team messo assieme da un italiano che qualche anno prima è riuscito a strappare Valentino Rossi alla Honda per portarlo in Yamaha. Vinales ha sempre dichiarato di avere come idolo proprio Valentino e il feeling nato con Davide Brivio può aver agevolato il salto in Suzuki. Si ritrova in squadra un mastino mica da poco, un certo Aleix Espargarò che da due anni fa venire il mal di testa a tutti i piloti Factory facendo cose egregie in sella ad una CRT o ad una Open. Pilota velocissimo ed esperto, forma assieme al giovane Vinales una coppia davvero ben assortita per la Suzuki.
A questo punto sbuca fuori quello che non si poteva prevedere, l’elemento che apparentemente mancava sia al Maverick pilota di caccia che a quello rider talentuoso ed impaziente che voleva vincere tutto e subito nel paddock mondiale. Il Maverick Vinales in edizione 2015 ha un approccio con la MotoGP assolutamente perfetto. Accetta di dover dare del lei ad una moto pronta a ferirti più di un Mig-28 in assetto da guerra, ed accetta di poter essere più lento del compagno di Team, specialmente ad inizio stagione. Maverick Vinales inizia quasi in sordina e alcuni avanzano dubbi sul fatto che sia davvero pronto per la MotoGP. Ma le sue prestazioni in pista migliorano ad ogni uscita. Sfrutta ogni secondo di ogni singola sessione per affinarsi, per comprendere la moto, le traiettorie. Si accoda ai grandi maestri come Rossi e Lorenzo per carpirne i segreti e non rischia mai oltre il dovuto.
Il Maverick del 2015 mostra di avere la propria più grande arma nella calma, nella voglia di non strafare, di non esagerare. E quest’arma sembra funzionare più di un Tomahawk, visto che da metà stagione inizia a battere abbastanza regolarmente il più esperto compagno di Team, agguantando sempre più spesso la top ten nei GP di fine stagione. Vinales non raggiunge mai il podio in stagione, ma ottiene una vittoria molto più importante fuori dalla pista. La sua vita privata viene infatti movimentata da una love story con la 4 volte campione del mondo MX femminile Kiara Fontanesi. I due ragazzi formano una coppia decisamente trendy ed è la stessa Kiara ad ammettere che quando si allenano assieme con una moto da cross l’affetto viene seppellito dal cronometro e da battaglie senza esclusione di colpi, confermando che Maverick se la cava benissimo anche in off-road.
Chiude l’anno al dodicesimo posto con 97 punti conquistati. Vede la bandiera a scacchi in quasi tutte le occasioni, mostrandosi molto regolare e maturo. La scommessa di Davide Brivio è vinta e Maverick Vinales si candida a diventare l’uomo mercato del 2017. Alla fine di questa stagione scadranno tutti i contratti dei piloti ufficiali e in un valzer di piloti è facile immaginare che un talento puro come quello di Vinales sia appetibile per tanti.
C’è anche la strada più affascinante da considerare, quella che vorrebbe Valentino Rossi in procinto di lasciare Iwata alla fine della stagione proprio in direzione Hamamatsu. A quel punto Maverick non deve fare altro che aspettare, per ritrovarsi nel box il più grande tra i suoi maestri e compiere quell’ultimo step che divide il talento grezzo dal campionissimo. Troppo fantasioso? Certo, ma anche nel 2003 ci voleva una bella fantasia per pensare di portare Rossi in Yamaha strappandolo alla Honda e Brivio dimostrò di averne da vendere. Anche in Top Gun il capo della scuola, il comandante Viper, si offrì di fare da coopilota a Maverick nella sua missione.
Ma il 2017 è lontano e Maverick Vinales per ora è solo determinato a confermare quanto di buono fatto nella sua stagione di debutto della MotoGP. In Suzuki stanno lavorando per dargli una GSX-RR che vada fortissimo. Magari non abbastanza da infrangere il muro del suono, ma quasi.