Quando lei era in auto qualcuno stava ascoltando! - www.MotoriNews24.com
Un caso degno di un film di 007 fa riflettere gli italiani; la decisione dei giudici è stata questa, voi la condividete o meno?
I tempi moderni ricordano davvero un romanzo di George Orwell con più casi riportati in cui le aziende che vendono prodotti tecnologici che sono state accusate di rubare o vendere i nostri dati a terze persone. Una situazione in cui molti credono perfino che gli Smartphone e le auto ci ascoltino, avete mai provato a parlare di un prodotto per poi ritrovarvelo tra i consigliati su Google quando andate ad aprirlo?
A volte però, dobbiamo stare attenti a quello che diciamo o facciamo non tanto perché le “Corporation” ci stanno ascoltando ma perché potrebbe esserci qualcun altro in ascolto. Qualcuno che magari ha piazzato una microspia in auto per scoprire qualcosa e vedere se i suoi sospetti in materia di fedeltà sono fondati. L’assurda storia di una donna italiana che è andata davanti ad un giudice per questi fatti è proprio così.
Di recente, una donna ha trascinato il suo ex marito davanti ad un giudice perché lo ha accusato di aver spiato le sue conversazioni, arrivando ad inserire microspie nella sua automobile per sentire cosa diceva – o faceva – in sua assenza. Inutile dire che il caso costituirà un precedente importante nel campo della privacy nell’abitacolo della nostra auto. Ma come si sono svolti questi fatti?
Nel nostro paese è molto diffusa la cultura dell’investitore privato, una figura che si muove in quella zona grigia tra legge ed illecito. Nel caso di oggi, regolato con la sentenza n. 3446 depositata il 29 gennaio 2024 della Cassazione però non c’è stato bisogno di nessun investigatore dato che un uomo, un ex marito geloso e dubbioso della fedeltà della moglie anche durante la loro relazione ha inserito una microspia con tanto di GPS nell’auto della donna contro la sua volontà.
Quando la donna ha scoperto tutto, ha chiesto l’intervento dei giudici che inizialmente, avevano condannato questa persona per aver violato l’articolo 615 del Codice Penale con tanto di sei mesi di reclusone. Tuttavia, non era l’articolo giusto da applicare e la Cassazione ha ribaltato la sentenza. Questo perché tale articolo detta le regole in un ambiente privato e, sentenza alla mano, si scopre che: “Un’autovettura posizionata su una via pubblica non può considerarsi un luogo privato come la dimora”.
Insomma, al di là dell’evidente comportamento invadente nei confronti della donna l’uomo sembra essere stato assolto. Il che ci pone davvero enormi interrogativi legali di fronte alla possibilità che qualcuno ci ascolti in auto: davvero non possiamo tutelare la nostra privacy a bordo di una macchina nemmeno se veniamo spiati? Inquietante…
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