MotoGP
MotoGP, chi ha ucciso il mondiale 2015
Passato il fattaccio di Sepang la sensazione che rimane a noi appassionati che seguiamo il motociclismo è di grandissima amarezza. La causa di tutto questo è però da cercare da altre parti rispetto alle accuse di questi giorni
Quello che finora abbiamo capito è che siamo stati stati defraudati di uno spettacolo che era avvincente, equilibrato, pulito e molto emozionante. In questa stagione 2015 è già il secondo campionato mondiale che perde improvvisamente interesse sprecando l’occasione irripetibile. Purtroppo era già successo con il mondiale di motocross dove l’assenza di un arbitro super partes ha provocato uno squilibrio eccessivo tra la configurazione delle piste moderne e l’incredibile potenza delle 450 c.c. I troppi incidenti che hanno coinvolto i migliori otto della classifica iridata ci hanno tolto la più bella stagione degli ultimi 20 anni del motocross. L’unica dove i due imperatori del pianeta Usa e del Mondiale si confrontavano in una sfida mai vista prima. Purtroppo sia Villopoto che Cairoli, ma anche tutti gli altri top rider, sono rimasti vittime di brutti incidenti e gravi infortuni che hanno falsato la stagione più attesa e più bella di sempre.
Esattamente come nella MotoGP dove è stato permesso ad un eccesso di rivalità tra due grandi protagonisti di rovinare in modo irreparabile la credibilità di un’altra incredibile e irripetibile stagione iridata. Ebbene oggi è assolutamente inutile e abbastanza ridicolo andare a cercare prove inesistenti con filmati e foto per stabilire di chi è la colpa del brutto episodio di Sepang. La colpa non è né di Valentino né di Marquez né tanto meno della Dorna. La società spagnola accusata di intromettersi nella accesissima lotta per il titolo mondiale non ha nessuna colpa perché è solamente una società privata che ha acquistato i diritti di immagine del motociclismo con il preciso scopo di guadagnare nella promozione e nella vendita dei diritti tv. Cosa che bisogna riconoscere ha fatto benissimo investendo in una produzione TV di elevatissima qualità e promuovendo la MotoGP in tutte le migliori reti televisive del mondo. Ha professionalizzato tutto l’ambiente e aumentato l’ingresso di nuovi sponsor interessati al motociclismo. Purtroppo il vero colpevole è l’organo ufficiale preposto a gestire questo sport. Ovvero la Federazione Motociclistica Internazionale (FIM), che in rappresentanza di tutte le federazioni nazionali, ha il compito e il dovere di creare regolamenti tecnici equi, poco costosi e di facile interpretazione oltre a sovraintendere in modo inequivocabile al regolare svolgimento dei vari campionati stessi. È compito primario della FIM di garantire che tutti gli attori coinvolti nella realizzazione delle competizioni giochino senza barare, in modo sportivo e soprattutto con la massima sicurezza possibile. Se avessimo avuto una vera direzione gara affidata ad arbitri imparziali e attenti, facenti parte della federazione internazionale non saremmo mai arrivati al settimo giro di Sepang. È impensabile che siano passate sotto silenzio le gravi accuse fatte in conferenza stampa da Valentino nei confronti di Marquez. Ma come? Un nove volte campione del mondo che accusa pubblicamente il campione del mondo in carica di presunte irregolarità? E nessuno fa nulla?
Una normale direzione gara avrebbe dovuto multare Valentino Rossi per le gravi affermazioni fatte in pubblico e poi chiamare immediatamente lui, Lorenzo e Marquez avvisandoli che da quel preciso momento sarebbero stati tutti e tre sorvegliati speciali e che in caso di qualunque tipo di ipotesi di scorrettezza sarebbe stata pronta una squalifica di sei mesi dalle competizioni. In questo modo sarebbe stata salvata la più bella stagione degli ultimi 10 anni. Purtroppo questo non è avvenuto e si è creato un effetto domino che ha dato una vera e propria spallata a tutto il sistema MotoGP. Questa mancanza assoluta di potere da parte della FIM ha anche creato una gravissima frattura in quella che era stata congegnata come la successione perfetta tra l’imperatore Valentino e il suo erede Marquez. Era tutto filato liscio nella ricerca disperata di un personaggio che potesse tentare di sostituire nel cuore dei tifosi mondiali quello che per 20 anni è stato il protagonista assoluto, il vero motore della MotoGP, l’unico vero autore di questa crescita verticale del motociclismo nel cuore degli appassionati mondiali. Marquez è immediatamente apparso come l’erede naturale di Valentino. Suo fan, grandissimo talento, capace di comunicare con la stessa simpatia e facilità di Valentino, addirittura in grado di copiare ed emulare il sorpassi del suo idolo.
Purtroppo il giovane spagnolo non ha avuto la pazienza di attendere il ritiro di Valentino e ha deciso di fare un vero e proprio colpo di Stato senza attendere la naturale successione credendo così di mostrare al mondo tutta la sua forza. Invece ha mostrato solo la sua immaturità della sua incredibile debolezza. Insomma al termine di questa brutta querelle il motociclismo inteso come sport ne esce decisamente sconfitto macchiato e abbastanza compromesso. Sarebbe stato sufficiente che chi ha il ruolo istituzionale di supervisore e di giudice super partes invece di avere vigliaccamente abdicato lo avesse esercitato con un minimo di zelo e sportività. Ora è troppo tardi.