MotoGP
MotoGP, intervista a Guidotti: «Le porte di Pramac restano aperte per Petrucci»
Francesco Guidotti, Team manager di Pramac MotoGP, ci ha concesso una intervista in cui abbiamo affrontato varie tematiche, dall’ingaggio di Bagnaia al futuro di Petrucci
Francesco Guidotti è senza dubbio uno dei pilastri del Team Pramac MotoGP, una squadra protagonista di una costante crescita negli ultimi anni che l’ha condotta a diventare un vero punto di riferimento per l’intero Paddock. E’ freschissima la notizia dell’ingaggio per il 2019 della promessa italiana Francesco Bagnaia, mentre i risultati dei test di Buriram confermano che sia Petrucci che Miller possano confermarsi protagonisti durante la stagione 2018. In questa intervista, abbiamo parlato con Guidotti di presente e futuro.
C’è stato questo annuncio dell’ingaggio di Pecco Bagnaia da parte vostra. Anni fa, l’abitudine era di chiudere i contratti per la stagione successiva dopo metà stagione, spesso si arrivava anche a settembre o dopo. Non credi che soprattutto per i piloti più giovani possa essere “pesante” convivere con una responsabilità del genere per tutta una stagione?
«Secondo me è giusto prendere in considerazione caso per caso, e non fare un ragionamento generale. Per valutare bene, bisognerebbe analizzare ogni singola situazione e valutare con attenzione tutta una serie di aspetti. Bisognerebbe comprendere come nascono le trattative, da che punto partono. I pensieri delle parti in gioco, le prospettive e i target di ognuno. Sono convinto che per capire se certe cose vengono fatte troppo presto, bisognerebbe fare prima un’analisi molto profonda, per valutare da dove scaturiscono certi accordi. E’ vero che in alcuni casi può essere avventato, come ad esempio potrebbe essere un passaggio dalla Moto3 direttamente alla MotoGP. Ma prendiamo il caso di Miller, che è oggi un nostro pilota: in Australia sono abituati a far correre i ragazzini anche a 13 e 14 anni sulle 600cc, quindi sono più abituati a gestire certe potenze. Poi andando ancora più indietro, ci fu l’americano John Hopkins che correva per Suzuki in USA nel trofeo, ed è saltato direttamente sulla 500 GP andando forte. Andando ancora più indietro, tantissimi campioni americani degli anni 80’ e 90’ spesso non passavano attraverso le classi più piccole, ma saltavano direttamente sulle moto di grossa cilindrata. Noi in generale tendiamo sempre a normalizzare tutto, ci aspettiamo che tutte le carriere seguano gli stessi passaggi. Quando qualcuno fa qualcosa che va oltre questi schemi, sembra sempre che ci sia qualcosa di strano, magari anche di sbagliato. Ma stiamo parlando di Racing, ed è normale che ci sia anche un fattore di azzardo. Quando metti una tua moto in mano a un debuttante della categoria o ad un pilota che non ha fatto un percorso tradizionale, in qualche modo rischi sempre. Fa parte del gioco, le corse sono anche estro, fantasia e non dobbiamo dimenticare che sono anche uno sport pericoloso. Per cui è normale che ogni decisione vada sempre ben ponderata, però c’è comunque da considerare che se non rischi nelle corse, non so proprio dove dovresti farlo».
In un piccolo passaggio della sua dichiarazione, Francesco ha anche parlato di quei nove giri che fece sulla Ducati nel 2016 a Valencia. Voi avete assistito a quel test, oppure non serviva a valutare?
«Se fosse andato particolarmente piano, magari ci avremmo fatto caso! Ma no, quella è stata una passeggiata, un test premio e quindi non poteva fornire indicazioni. E’ stato fatto per puro divertimento e quindi è giusto non considerare quell’esperienza un vero test».
Nel box avete Danilo che sta cercando di conquistarsi una moto ufficiale per il 2019, ma al momento le porte di Pramac MotoGP sono ancora aperte?
«Si, perché in un certo modo in questa storia noi stiamo quasi passando per i cattivi, che hanno firmato con Bagnaia e lasciato a piedi Petrucci. In realtà la situazione è molto diversa, anche perché con Danilo non c’è stata assolutamente neanche l’ombra di polemica, cosa che invece ha voluto far credere qualche giornalista. La realtà è che, come è giusto che sia, tutti i piloti hanno nella propria carriera l’obiettivo di arrivare in una squadra ufficiale in MotoGP. Danilo in questo momento ha questa voglia forse anche più di altri, perché dopo quattro anni di questo percorso assieme, e dopo aver avuto già dal 2017 una moto ufficiale seppure in casa nostra, è normale che il suo obiettivo principale e senza mezzi termini sia quello di andare in un team ufficiale. Meglio se fosse una Ducati, ma il suo obiettivo principale in questa stagione è quello di fare il massimo con noi, per poi sbarcare in un team ufficiale. Ma in effetti è un desiderio condivisibile nella sua posizione».
Se non dovesse trovare una vera alternativa, pensi che sarebbe possibile per Petrucci restare ancora con voi nel 2019?
«E’ chiaro che sia così e questo ci siamo detti. E’ normale che lui abbia questa voglia ed è giusto che ci provi. Noi faremo di tutto per accontentarlo anche perché diventerebbe per noi un motivo di orgoglio, di aver accompagnato un pilota fino allo sbarco in un team ufficiale. Sarebbe stupido da parte nostra non aiutarlo a raggiungere questo obiettivo, però è anche vero che assolutamente non ci sono preclusioni».
Come si potrebbe configurare una squadra nel 2019? Bagnaia ha un contratto Ducati e voi di Pramac MotoGP probabilmente avrete a disposizione lo stesso schema tecnico di oggi, ovvero una moto ufficiale e una dell’anno precedente. Quale moto spetterebbe a Bagnaia e quale a Petrucci o all’eventuale sostituto?
«Non è un argomento difficile da gestire, perché Pecco viene da noi sapendo che avrà a disposizione una moto 2018 nel 2019, già è tutto pianificato. Dargli una moto ufficiale già al primo anno sarebbe una responsabilità onestamente troppo grossa da gestire. Avere una moto ufficiale è sempre una grossa responsabilità, ma darla ad un Rookie sarebbe eccessivo. Adesso faccio fatica ad immaginare uno scenario di questo tipo, ma non è completamente da escludere. Tra l’altro, se dovesse succedere, non sarebbe neanche il primo caso di pilota debuttante in MotoGP su una moto ufficiale».
Lasciando perdere gli italiano e parlando di Jack Miller, che sensazioni avete dopo tre test assieme. Sembra che la Desmosedici gli piaccia parecchio, che ci sa andare forte…
«Per dire se va forte con la moto, bisogna sempre aspettare le gare. Sono solo le gare che fanno la differenza tra uno che va forte e uno che fa i risultati. Nelle gare c’è la tensione, l’adrenalina, i primi giri, l’attenzione a non consumare le gomme e gestire bene. Ci sono troppi fattori che cambiano tra test e gara».
Quest’anno avrete la squadra più anfibia del Paddock. Tra Petrucci e Miller, ci sarebbe quasi da fare la danza della pioggia ogni domenica mattina!
«Ma no (ride) a noi piace andare forte anche sull’asciutto. Poi è chiaro che avere due piloti che hanno fatto vedere di sapersela cavare sul bagnato sarà un aspetto positivo in alcune circostanze».
Ultima domanda sulla Gp18. Nel Team ufficiale, sembra che Lorenzo sia andato un pò in confusione a Buriram dopo aver impressionato a Sepang. Dovizioso invece è cresciuto ancora e per lui è la miglior Ducati mai fatta. Cosa ne pensa Danilo, che a questo punto ne ha anche provate tante?
«Lui si è trovato subito molto bene, e a Sepang ha anche fatto una comparativa con la GP17. Lì nel box le avevamo entrambe, ma dopo quella prova si è concentrato esclusivamente sulla GP18 perchè secondo lui è migliore in tanti aspetti, senza essere peggio in nessun aspetto. Quindi lui ha scelto con forza la 18. Lui nei primi test del 2017 non riuscì ad essere particolarmente veloce con quella moto ma non perché non gli piacesse, bensì perché avevamo una serie di problemi anche noi con la moto. Era la prima volta con una moto ufficiale, si faceva tanta sperimentazione anche su richiesta di Ducati, e quindi capitava anche che in alcune sessioni Danilo compiesse pochissimi giri. I riferimenti di quest’anno sono completamente diversi».