MotoGP

MotoGP, dopo le dimissioni di Nakamoto manca un leader in Honda

Nessuno è stato in grado di colmare il vuoto dopo le recenti dimissioni di Shuei Nakamoto da HRC: manca un leader nel reparto corse MotoGP di Honda

La Honda deve moltissimo a Shuei Nakamoto. Il manager giapponese prese in mano le redini della HRC nel momento più buio della storia Honda nella classe regina del motomondiale e fu il primo a comprendere che bisognava rendere più “elastica” la gestione degli uomini MotoGP in quello che da sempre è riconosciuto come il Reparto Corse più potente al mondo. Una gestione eccessivamente votata all’ordine e alla disciplina, un atteggiamento che andava così stretto ad un certo Valentino Rossi da convincerlo a migrare verso la Yamaha nel 2004, dopo aver vinto tre titoli consecutivi con la Honda. Shuei Nakamoto fu il primo a comprendere che per vincere era necessario avere un top rider assoluto, fu il primo a far comprendere in HRC l’importanza del pilota. Per anni, in Honda, si è portata avanti la teoria che a vincere sia la moto e non il pilota. Nakamoto riuscì a ribaltare questo assioma, comprendendo l’importanza dell’uomo su tutto.

La sua prima grande mossa fu quella di strappare Casey Stoner alla Ducati e portarlo a vincere sulla Honda. Fu anche celebre la sua reazione alla notizia del ritiro dell’australiano. Il manager giapponese si limitò ad andare da Stoner con un assegno in bianco, dicendogli “scrivi tu la cifra”. Un gesto simbolico ovviamente ma estremamente esemplificativo del cambiamento intrinseco del progetto MotoGP in HRC: ormai era il pilota il centro di tutto. Nakamoto fu anche colui che pretese ed ottenne di far correre tre moto ufficiale con i colori Honda nel 2011, tenendo in squadra Andrea Dovizioso dopo aver compreso quanto fosse importante il suo contributo per lo sviluppo della moto in MotoGP. Un’altra sua grande mossa, fu quella di portare Marco Simoncelli in Honda, strappandolo alla Ducati che aveva più di un occhio addosso al Sic ai tempi delle sue vittorie in 250.

Con lo stesso spirito, Nakamoto nel 2013 puntò tutto su Marc Marquez, al punto da ottenere un cambio di regolamento per la MotoGP. Senza questo cambio di regole, Marc Marquez non avrebbe potuto debuttare nel team interno Repsol, perchè la regola prevedeva per i rookie un anno in un team satellite e solo dopo il passaggio alla squadra ufficiale. Una mossa assolutamente perfetta, che ha garantito ad Honda tre titoli nella classe regina con il pilota probabilmente più talentuoso presente in griglia.

Solo che non sono tutte rose nel 2017, nonostante la prima posizione in campionato di Marc Marquez. Lo spagnolo ha saputo capitalizzare al massimo ogni occasione, ma gli altri piloti Honda non sono soddisfatti della moto, nonostante la vittoria di Dani Pedrosa a Jerez. Cal Crutchlow e Lucio Cecchinello hanno espresso in modo piuttosto forte il proprio pensiero, chiarendo che in Honda hanno iniziato a sviluppare la moto seguendo anche le indicazioni del pilota britannico. Eppure con le dimissioni di Nakamoto, la situazione in HRC è cambiata.

Non stiamo parlando di un accentratore, nè di un despota alla guida di un manipolo di ingegneri privi di spina dorsale. Ma è innegabile che Nakamoto fosse un leader, dotato di grandissimo carisma ed in grado di tracciare la rotta per tutta la HRC. Anche Ronald Ten Kate è intervenuto, dicendo la sua: «Io non sono un partner diretto di HRC, quindi la mia è solo una impressione dall’esterno. Sono abbastanza certo che si sia creato un vuoto abbastanza grande quando Nakamoto è andato via. Ma HRC non è una faccenda determinata da un solo uomo, non ci può essere un unico responsabile. Il successo di Honda nelle corse non può dipendere da un solo uomo. Nella prima gara del campionato in Qatar, la Honda non era molto veloce, ma non credo fosse un disastro, non penso che siano sulla strada sbagliata. Già ad Austin erano di nuovo davanti. Poi c’è da considerare che Vinales in Yamaha ha alzato ancora un pò il livello di questo sport, che già era alto, ma ora è ancora più elevato. Devono tutti migliorare un pò, perchè Maverick è davvero veloce. Ma se dovessi scommettere su qualcuno per il titolo, mi sentire tranquillo a metterli su Marquez. Lui è esperto, sa come si lotta per un mondiale. Quindi punto su di lui!».

Marco Caregnato

Nel 1984, da bambino, ho avuto il mio primo contatto con una moto. Mi sono ustionato la mano! Non ho più smesso di amarle...

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