Quando a Montecarlo Senna cambiò la Formula 1 - Motori News 24
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Quando a Montecarlo Senna cambiò la Formula 1

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Ayrton Senna nel 1984 è un giovane debuttante a bordo di una Toleman. Pronto a sfidare chiunque, sceglie il più scintillante dei palcoscenici per presentarsi al mondo. Sul tracciato di Monaco inondato da un nubifragio, Ayrton reclama per la prima volta la corona di Re

Nel campionato britannico di F3 del 1983, il favorito per la conquista del titolo secondo i bookmakers è Martin Brundle, giovane promessa dell’automobilismo British. Eppure i bookmakers inglesi, per quanto famosi e accreditati, fanno un errore grande quanto il Brasile puntando sul cavallo sbagliato. Al via di quel campionato c’è infatti il vero gioiello, il mastino per eccellenza. Un brasiliano che aveva scelto il cognome della madre e che poteva ridefinire il concetto di determinazione.

Ayrton Senna ha un solo ed unico obiettivo: correre in F1 e battere tutti. Inizia ad asfaltare i colleghi in F3 da subito, mettendo in fila 10 vittorie consecutive tra l’ultima gara del 1982 e le prime nove del ’83. Il campionato nazionale F3 a quell’epoca era il bacino naturale da cui attingevano tutti i Garagisti inglesi, come li definiva con poca stima Enzo Ferrari. Alla fine del 1983 un paio tra i migliori garagisti di cui sopra decidono di mettere il talento paulista alla prova, facendogli provare la propria F1.

Senna ha l’opportunità di provare di tutto, passando dalla Williams alla Lotus, la McLaren e anche la cenerentola Toleman. Ayrton mostra da subito una capacità nella gestione di quella potenza semplicemente incredibile, portando al limite quelle vetture con semplicità disarmante. Era palese che ci si trovava al cospetto di un potenziale campione e presto gli fu sottoposto un contratto dai vari team inglesi. La passione avrebbe forse suggerito di accettare la proposta di Williams o McLaren ed accasarsi subito in un top team. Ma Ayrton dimostrò anche in questa decisione una visione strategica ed una sicurezza nei propri mezzi incredibili. Senna firma all’inizio del 1984 per la Toleman, convinto che debuttare in F1 in un team che aveva meno pretese gli avrebbe permesso di fare uno step maggiore di crescita, senza avere il peso sulle spalle di dover competere per la vittoria da subito. Eppure neanche la modesta Toleman riesce a contenere il talento di questo pilota, che giunge a Monaco per il sesto round del mondiale F1 1984 dopo aver già conquistato due sesti posti a Kylami ed a Zolder, due tracciati da pelo.

Montecarlo vede partire in pole Alain Prost, leader nel mondiale e lanciatissimo verso il suo primo titolo dopo essere approdato in McLaren. Ayrton Senna piazza la Toleman in tredicesima posizione in griglia, mostrando da subito gran feeling con il toboga monegasco. Le qualifiche si svolgono su pista asciutta, ma quella mattina su Montecarlo si abbatte il temporale perfetto, capace di inondare letteralmente il tracciato.

Nelson Piquet ha regalato tante perle, ma la più nota è forse questa: “Pilotare una F1 a Montecarlo è come andare in bici in giro per casa. Prima o dopo sbatti contro qualcosa!”. Candida definizione che regala perfettamente la sensazione di cosa potesse significare affrontare Montecarlo in sella a dei mostri dotati di motori turbo poco gentili e su un asfalto viscido come un croupier che ti invita a fare un’altra puntata alla roulette dopo aver messo il segno più alla tua serata nel casinò. Uno scenario che potrebbe scoraggiare i più esperti, ma che appiattisce i valori in campo delle monoposto e permette al talento puro di emergere. Allora come adesso, Giove Pluvio è diretto responsabile di imprese che su un asfalto secco non avremmo avuto la fortuna di vivere.

Tra Ayrton Senna e la divinità pagana c’è amore incondizionato da subito. Il brasiliano fa valere sull’asfalto inondato tutto ciò che ha imparato dai Kart alla F. Ford, passando per la F3 in salsa british. In quelle gare era strano correre sull’asciutto e Ayrton capitalizza tutta questa esperienza con una capacità di gestire la Toleman semplicemente unica in condizioni di grip precario. Lo start a Monaco avviene in maniera quasi del tutto normale, con l’eccezione delle due Renault che si piantano subito tra di loro e si autoeliminano. Il gruppo scorre abbastanza omogeneo, imboccando la salita della Santa Devota. Prost mantiene la testa e Niki Lauda, sulla McLaren gemella del francese, inizia a recuperare presto sui battistrada.

Alain viene però passato in tromba da un altro ragazzo di buone speranze che ha lunghi trascorsi nelle Sunday Races in terra di Albione. Nigel Mansell fa danzare la sua nera Lotus e prende il comando della gara di autorità. Purtroppo la sua innata propensione all’esagerazione lo spinge a commettere un errore, mandando la vettura in acquaplaning e compromettendo la sua gara poco dopo esserne diventato il leader. Prost ne approfitta e si riprende la testa della gara, anche se appare in difficoltà con la sua McLaren e non appare totalmente padrone della situazione. Padronanza che invece un pilota con il casco giallo sta iniziando a palesare già da qualche giro. Ayrton Senna ha atteso il momento buono per iniziare a spingere, ha voluto comprendere perfettamente il livello di tenuta delle gomme su quell’asfalto inondato ed ha preso totale confidenza con il gas della sua Toleman in condizioni di scarso grip.

Verso il decimo giro Ayrton è già sesto. Insieme a lui un altro giovane talento sta incantando con la sua guida in punta di fioretto. Al traino del paulista, c’è infatti Stefan Bellof, tedesco in forza alla Tyrrell del boscaiolo Ken. I due cattivi ragazzi stanno girando costantemente più forte dei primi della classe. Sono precisi, sono determinati. Fanno paura perché nessuno li conosce fino in fondo, e come sempre il nuovo che avanza incute un certo timore. Se poi a fare da direttore d’orchestra mettiamo un pilota francofono e consideriamo che la F1 che conta è tutta una Marsigliese, ecco che il nuovo che avanza trova un muro insormontabile. Jacky Ickx, direttore di gara, lo capisce e impugna un’asta a cui è attaccata una bandiera rossa. In comune con Prost, oltre al lessico, Ickx ha un poderoso motore Porsche che spinge i prototipi con cui vola a Le Mans. Non è neanche metà gara, ma la gara in realtà è già finita. Solo che i ragazzi in pista non lo sanno e continuano a spingere. Le Massenet, il Mirabeau, il Tabaccaio. Senna disegna linee armoniose controllando in derapata una vettura che si lascia accarezzare dal talento del brasiliano facendo le fusa in un momento di pura poesia ed unione perfetta tra macchina ed uomo.

Al giro n°20 Ayrton Senna è secondo, dopo aver saltato mezza griglia di partenza e sta girando svariati secondi più forte di Alain Prost, solo in testa alla gara. Bellof va altrettanto forte ma è qualche lunghezza dietro Ayrton. Il brasiliano si sta avvicinando sempre di più ad Alain, girando tre o quattro secondi al giro più forte. Alain inizia a crollare, gira molto più lento di chi insegue e all’inizio del trentunesimo giro arriva la salvezza, invocata agitando le mani sulla linea del traguardo. La pista diventa giro dopo giro più impraticabile e Alain comprende di non essere più padrone della situazione.

Jacky Ickx srotola la bandiera rossa, seguita dopo poco dalla bandiera a scacchi. La vittoria di Prost è battezzata da un zelante quanto di parte direttore di gara e Ayrton subisce la prima di una serie di ingiustizie che caratterizzeranno la sua carriera ogni qual volta in cui si ritroverà ad incrociare le ruote con quelle del francese. Letteralmente. Alle spalle dei due, sale sul podio Stefan Bellof, terzo con la Tyrrell. Il tedesco l’anno dopo troverà la morte ad attenderlo a Spa, sulla salita dell’Eau Rouge per mano involontaria dello stesso uomo che volontariamente toglie il successo in questa gara ad Ayrton Senna. Destini che si incrociano in strani giochi impossibili da prevedere.

Nonostante il mancato successo, Monaco ha consegnato alla storia il talento puro e cristallino del pilota paulista, che mastica amaro ma è consapevole di aver messo la prima saldissima pietra su cui costruire la propria carriera, che sarebbe poi destinata a diventare leggenda. Inizia così la rivalità del secolo con Alain Prost, anche se Ayrton Senna non sa ancora che dietro quella mezza sconfitta si sta per consumare una fredda vendetta. A fine anno il francese perde il titolo per mezzo punto a vantaggio di Niki Lauda. Se la gara non fosse stata interrotta prima del 75% della sua lunghezza e se fosse arrivato anche solo secondo, Alain avrebbe vinto il mondiale.

Dopo quel 1984 Ayrton fece segnare pole position e vittorie a raffica nell’amata Montecarlo, regalando anche l’emozione del famoso giro perfetto, targato McLaren e 1989. Una storia d’amore mai conclusa tra il Principato e colui che ne sarebbe diventato il Re. Indiscusso.

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