MotoGP
Rossi e Marquez nella morsa del SepanGate
Dopo il Water-Gate e il Sexy-Gate, eccovi servito il #SepanGate. Tra telefonate di capi di stato e prese di posizione di personaggi più o meno illustri, cosa può realmente cambiare da qui a Valencia?
La risposta a questa domanda è semplicemente scontata: perfettamente niente. Il popolo del web sta invocando una riduzione della pena inflitta a Valentino Rossi per il #SepanGate. Sono state organizzate petizioni online che hanno raccolto in pochi giorni centinaia di migliaia di firme digitali. Eppure parliamo di sport, parliamo di due ragazzi che mentre correvano in moto hanno fatto uno sbaglio. Non si sono viste scene cruente, nessuno si è fatto male e non c’è stato alcuno spargimento di sangue. E per quanto chiunque possa presentarsi numeroso alla porta della FIM o della Dorna, le decisioni prese a Sepang non muteranno di un centimetro. E Rossi a Valencia partirà dall’ultima casella presente in griglia.
Il mondo intero sta reagendo a questo episodio con la stessa carica di sdegno che si potrebbe riservare ad episodi ben più gravi che accadono ogni giorno in questo nostro strano mondo, ma che non hanno la stessa esposizione mediatica di un grande campione e del suo allievo migliore nel momento del confronto finale. Perché ciò che è accaduto domenica a Sepang, è esattamente questo. Si sono confrontati il campione navigato, quello che ha scritto intere enciclopedie di storia di questo sport e il suo naturale successore. Il pilota giovane, veloce e determinato che più di ogni altro ricorda il mito di questo sport. Perché Valentino Rossi è proprio questo. Il mito del motociclismo, un pilota che ha cambiato per sempre la storia di questo sport portandolo ad un livello di notorietà mai toccato in precedenza da nessuno.
La storia ci insegna che l’unica cosa che fa più rumore dell’ascesa di un mito, è la sua caduta. A Sepang una bella fetta del mito Rossi si è sgretolata sotto i colpi ben assestati di Marquez. Per anni si è parlato della forza psicologica di Rossi, della sua capacità di sovrastare i propri avversari prima ancora di entrare in pista. L’ha fatto con Biaggi, prima ancora di affrontarlo nella stessa categoria. Poi è passato a Gibernau e infine a Stoner. La differenza sostanziale tra tutti gli episodi precedenti e quello di domenica sta nella posta in gioco. Il giovane spagnolo avrebbe voluto vincere il terzo mondiale di fila quest’anno e quando ha realizzato di non potercela fare ha incanalato tutta la propria energia in una lotta psicologica proprio contro Valentino.
Marquez ha perso il mondiale da parecchie gare e certamente i 30 punti persi tra Argentina e Assen non avrebbero fatto la differenza. Ma il Cabroncito ha deciso di accanirsi contro Valentino, considerandolo reo di avergli fatto perdere un mondiale. I fatti lo smentiscono totalmente, perché quando Marquez si è piantato nelle vie di fuga dei circuiti di Mugello, Barcellona, Silverstone e Aragon, il buon Valentino non era nelle sue vicinanze. Ma evidentemente Marquez in matematica non và altrettanto forte di quanto non faccia in moto e le parole di giovedì in conferenza stampa pronunciate da Rossi assumono toni di altro spessore. Le accuse di Valentino riguardo la condotta di gara tenuta dallo spagnolo a Phillip Island hanno trovato riscontro nei fatti di domenica, dimostrando quanto lo spagnolo avesse scientemente deciso di ostacolarlo sul cammino per la conquista del decimo titolo.
Abbiamo parlato di una bella fetta del mito Rossi che si è sgretolata sotto i colpi di Marquez. Ovviamente ci riferiamo solo all’immagine di un Valentino psicologicamente inattaccabile dagli avversari, che purtroppo a Sepang ha visto per la prima volta i propri nervi cedere sotto la lenta tortura di Marquez. Vedere un titolo mondiale così desiderato sfuggirgli dalle mani ha portato Rossi su una linea di confine che difficilmente avrebbe valicato in passato. A Sepang è stata la prima volta in cui il giovane allievo ha battuto il saggio maestro proprio in ciò che sapeva fare meglio, proprio in ciò che l’ha reso maestro.
I tifosi di tutto il mondo stanno ipotizzando che a Valencia possa arrivare un aiuto dagli altri piloti a Valentino Rossi. C’è chi ipotizza che i piloti in griglia si facciano da parte per fargli scalare velocemente la griglia e competere alla pari con Lorenzo. C’è chi addirittura si augura che qualche pilota italiano possa rallentare di proposito Lorenzo per favorire la risalita di Valentino. Tutti questi sembrano panorami fantascientifici, che poco hanno a che fare con quello che realmente accadrà a Valencia. Nell’ultima gara di questo mondiale, assisteremo all’impresa di un vecchio maestro che cercherà di dare l’ennesima lezione a tutti, dimostrando che quel momento di stizza vissuto a Sepang non è stato altro che una piccolissima crepa di una carriera impeccabile, vissuta sempre dando lezioni di sport a tutti.
Ad inizio anno abbiamo parlato di un Everest da scalare per Marquez, della crescita di un uomo e della maturazione definitiva del pilota. La scalata per Marc è terminata prima ancora di iniziare e al suo posto alle pendici del monte che sfiora il cielo c’è adesso Valentino Rossi. E il suo Everest è composto da un’intera griglia di partenza della MotoGP che si frappone tra lui e Jorge Lorenzo. Il pesarese è in testa alla classifica e allo spegnimento del semaforo di Valencia sarà ancora in piena lotta per conquistare il titolo di campione del mondo. Tutto ciò che accadrà dallo spegnimento del semaforo alla bandiera a scacchi, dipende solo dal suo coraggio, dalla sua determinazione e dal suo talento. Noi tutti sappiamo che questi tre ingredienti abbondano nel campione italiano e sappiamo che, vada come vada, questo 2015 ci ha restituito il Valentino Rossi degli anni d’oro. Ora tocca iniziare a piantare il piccone e salire.