MotoGP
Il Santo Graal della MotoGP moderna? Il mid-corner turning!
Anche se dall’esterno sembra che tutte le attenzioni degli ingegneri in MotoGP siano per l’aerodinamica, c’è un altro aspetto che è il vero Santo Graal degli ingegneri
Osservando lo svolgimento dei test e leggendo tutti i commenti e le domande mosse in generale dai media, potrebbe sembrare che l’aerodinamica sia il punto focale attorno a cui si sta svolgendo la grande partita tra gli ingegneri dei più potenti reparti corse del mondo. Una partita che deve eleggere quale sia la migliore MotoGP in griglia, quale sia il progetto vincente, la moto più equilibrata. In una lunga analisi pubblicata su Motorsportmagazine, Mat Oxley indica un’interpretazione diversa dei fatti, puntando l’attenzione su un aspetto molto diverso.
Le configurazioni aerodinamiche di Ducati che hanno sconvolto l’approccio degli ingegneri a questa materia nel 2016, sono tutte state studiate per migliorare due precisi aspetti del prototipo di Borgo Panigale: correggere l’attitudine all’impennata in accelerazione e garantire maggior appoggio in staccata sull’anteriore. Questi concetti sono stati poi sviluppati secondo le strade più disparate, fino a giungere, ormai nel 2018, ad una certa linearità tra i diversi studi aerodinamici, esattamente come previsto in tempi non sospetti da Danny Aldridge, Responsabile Tecnico della MotoGP che disse: «Le moto inizieranno ad assomigliarsi tutte, esattamente come avviene in F1. Quando c’è una soluzione che funziona, inevitabilmente tutti convergono verso quella soluzione». Mai predizione fu più indovinata, visto che appare chiaro che la Ducati abbia tracciato una strada poi seguita secondo declinazioni diverse tra loro solo in parte dai vari competitor. Oggettivamente Dall’Igna assieme al suo team ha tracciato una strada e tutti gli altri la stanno seguendo.
Secondo Mat Oxley però, la vera attenzione di tutti gli ingegneri della MotoGP è su un altro aspetto, su quello definito come il “Santo Graal della MotoGP” che è stato individuato nella velocità di percorrenza di curva, testualmente “mid-corner turning”. Una ricerca che si svolge probabilmente in maniera più silenziosa rispetto a quella aerodinamica, anche perché mentre è palese tutto quello che le Case studiano dal punto di vista aerodinamico, resta un segreto qualsiasi modifica che avvenga all’interno del motore portato in pista. Spesso entrano in pista moto, specialmente durante i test, che hanno a bordo soluzioni molto differenti da quelle utilizzate fino a quel momento, ma non è ovviamente dato sapere a nessuno su cosa si stiano concentrando gli studi degli ingegneri di quella determinata squadra in quel momento.
Vengono prensi in esame diversi aspetti, sottolineando che l’attuale regolamento tecnico della MotoGP, rende estremamente stretta la finestra di perfetto funzionamento che dovrebbe caratterizzare il rapporto tra ciclistica, elettronica e meccanica del mezzo. Le gomme sono Michelin e sono uguali per tutti. Il gommista francese cerca di portare gomme che possano adattarsi a ogni singola moto, ma è chiaro che alcune si adattano meglio ed altre peggio, con oscillazioni molto repentine del feeling da parte del pilota. La centralina unica di Dorna poi ha colpito con ancora maggiore forza, rendendo di fatto impossibile sistemare attraverso accorgimenti elettronici, quei difetti o problemi a volte endemici ad un determinato progetto. Da questo punto di vista, sono in tanti a indicare in Ducati e Honda gli unici due ad avere realmente interpretato al meglio la configurazione elettronica attuale.
Procedendo con l’analisi, salta all’occhio una precisa statistica che riguarda il frazionamento dei motori: nel 2017, su 18 gare disputate, ben 14 sono state vinte da motori caratterizzati dalla geometria V4, con 6 vittorie di Dovizioso, 6 di Marquez e 2 di Pedrosa. Le restanti 4 sono state conquistate dalla coppia Yamaha, con 3 affermazioni di Vinales e una di Valentino Rossi. La M1 è l’unica moto vincente ad utilizzare la struttura del 4 cilindri in linea.
Il V4 come tipologia di propulsore offre dei vantaggi evidenti nella realizzazione del telaio, permettendo un ingombro laterale inferiore rispetto allo schema in linea e questo aspetto condiziona moltissimo la dinamica del veicolo. Poi c’è un ulteriore elemento da considerare, ovvero la capacità torsionale del telaio. Ducati decise di abbandonare il motore come elemento stressato proprio per garantire linearità di torsione al telaio. Avere una struttura composta da un telaio e poi dal motore come elemento solidale allo stesso telaio, non permetteva a Ducati di garantire i valori di rigidezza richiesti in MotoGP. Questa soluzione dava enormi vantaggi da altri punti di vista, ma evidentemente questi stessi vantaggi non giustificavano le problematiche generate, convincendo gli ingegneri Ducati a prendere altre strade, più omogenee a quelle della concorrenza.
La stessa Honda sta lavorando moltissimo su questo aspetto ed il forcellone in carbonio portato nei test è particolarmente esemplificativo. Il carbonio ha la caratteristica di poter essere conformato scegliendo la rigidezza di ogni singolo punto proprio grazie alla sua particolare costruzione, riuscendo di fatto a creare un elemento perfettamente idoneo alle richieste degli ingegneri. La RCV è apparsa migliorata in modo importante durante questo inverno di test e Marquez potrebbe essere sempre meno solo nella lotta a Ducati e Yamaha.
Anche in Suzuki è stato fatto un passo avanti molto importante intervenendo su un componente decisivo per la dinamica del mezzo, ovvero l’albero motore. Il peso di questo componente influenza in modo molto importante il comportamento della moto, con vantaggi e svantaggi per la strategia scelta ad inizio stagione. Fino a pochi anni fa era possibile aggiungere o togliere peso dall’albero per ogni singolo tracciato, equilibrando il pacchetto propulsore secondo le esigenze di ogni pista. La regola che congela i motori ha cambiato radicalmente l’approccio alla questione, obbligando i Costruttori ad effettuare una scelta ad inizio stagione che poi non può essere modificata in corso d’opera. Suzuki ha completamente sbagliato la scelta da questo punto di vista ad inizio 2017, omologando un motore che ha completamente scompensato l’equilibrio generale della GSX-RR, una moto che nei due anni precedenti ha sempre mostrato enormi doti dinamiche.
Un aumento eccessivo del peso dell’albero motore sulla versione 2017 del 4 cilindri in linea costruito ad Hamamatsu, ha penalizzato sia Iannone che Rins, costringendoli a lottare per l’intera stagione con una moto poco incline a cambiare direzione. E’ questa infatti la conseguenza dell’utilizzo di un albero motore troppo pesante: si guadagna grip in uscita di curva, grazie ad una maggiore linearità di erogazione, ma si perde capacità direzionale, con una moto che per via della maggiore inerzia generata da questo componente, tende a non chiudere le traiettorie, spingendo verso l’esterno. D’altro canto un albero troppo leggero, innesca poca linearità di erogazione, rendendo molto difficile per il pilota gestire l’accelerazione in uscita di curva e portando ad un eccessivo lavoro dell’elettronica.
La regola per andare forte in MotoGP è proprio limitare al massimo gli interventi dell’elettronica, perché ad ogni taglio di potenza equivalgono CV che non vengono scaricati a terra e dunque preziosi centesimi e millesimi di secondo che vanno dispersi in pista. E’ sempre una questione di equilibrio anche da questo punto di vista e la Suzuki dovrebbe aver optato per il 2018 per una soluzione a metà strada tra quanto fatto nel 2016 e nel 2017. Per arginare le problematiche di erogazione, tutti i prototipi in pista adottano un albero controrotante, tranne la KTM. C’è poi da sottolineare che sia Yamaha che Suzuki, uniche 4 in linea in pista, hanno degli alberi motore che per quanto più larghi rispetto alle rivali con il V4, sono disegnati per centralizzare al massimo le masse e non condizionare eccessivamente le caratteristiche dinamiche della ciclistica.
In definitiva appare chiaro da questa analisi che gli aspetti attorno a cui ruota l’attenzione degli ingegneri in MotoGP sono profondamente limitati da un regolamento sempre più stringente, che se da un lato serve a calmierare i costi, dall’altro costringe ad uno studio quasi ossessivo di tutti gli aspetti che possono essere sfruttati a proprio vantaggio dai Costruttori. La sensazione è che oggi non vinca il migliore, bensì chi riesce a trovare dei punti deboli nella pieghe del regolamento per poi sfruttarli a proprio vantaggio. Non si tratta di trovare la singola soluzione da un secondo al giro, una cosa praticamente impossibile nella MotoGP moderna. Si tratta di mettere assieme tutti quei millesimi e quei centesimi di secondo in ogni singolo cm di pista del mondiale. Una lotta al culmine della tecnologia, nella quale attualmente Ducati e Honda recitano la parte dei leoni.